Nel cristianesimo il Serafino (dall'ebraico שרף śārāf, al plurale שְׂרָפִים śərāfîm) è una delle nature angeliche, o spiriti celesti.
Normalmente in gruppo, i Serafini si situano nella prima gerarchia, essendo gli angeli più vicini a Dio, risiedenti nel cielo supremo, quello empireo o cristallino. In quanto tali sono nominati da Dante nel canto XXVIII (v. 99) del Paradiso, dove vengono appellati «fochi pii». Il nome derivante dall'ebraico significa propriamente «serpente ardente», o «drago di fuoco».
In Isaia 6,1-3 si fa cenno alla visione del profeta Isaia di un Serafino:
«Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro, dicendo: "Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria".»
Nella visione del profeta Isaia i Serafini proclamano di continuo: «Santo, Santo, Santo il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».
Questa è la sola occasione nella quale occorre il termine seraphim come sostantivo nella Bibbia ebraica. In Numeri 21,6 viene usato anche come aggettivo: «Il Signore mandò contro il popolo i serpenti seraphim», termine comunemente tradotto con "infuocati" o "velenosi".
Lo Pseudo-Dionigi l'Areopagita nel De coelesti hierarchia li descrive come «coloro che accendono e mantengono il fuoco divino»:
«Il nome Serafini indica chiaramente la loro incessante ed eterna rivoluzione attorno ai Principii Divini, il loro calore e ardore, l’esuberanza della loro intensa, continua, instancabile attività, e la loro tendenza ad assimilare ed elevare al proprio livello di energia tutti coloro che sono più in basso, infiammandoli e bruciandoli con il proprio calore, e purificandoli interamente con una fiamma ardente e divorante; e con una lampante, inestinguibile, inalterabile, raggiante e illuminante energia in grado di disperdere e distruggere le ombre delle tenebre.»
Tommaso d'Aquino nella sua Summa Theologiae cita i Serafini parecchie volte, sostenendo che possiedono l'eccellenza dell'ardore nella carità, offrendo una descrizione della loro natura:
«Il nome di Serafini non viene desunto dalla carità come tale, ma da una sovrabbondanza di carità come indica la parola ardore o incendio. Perciò Dionigi interpreta il nome Serafino in base alle proprietà del fuoco, in cui il calore è in grado eccedente. Ora nel fuoco possiamo considerare tre proprietà:
San Bonaventura, il teologo francescano contemporaneo di San Tommaso, utilizza le sei ali dei Serafini come un importante struttura analogica della sua opera mistica Itinerarium mentis in Deum (Itinerario della mente verso Dio).
Secondo la tradizione, San Francesco d'Assisi ricevette le stimmate da un Serafino che gli apparve mentre si trovava alla Verna. Per questo motivo l'epiteto del Santo è Pater Seraphicus, e gli Ordini francescani e delle Clarisse vengono chiamati Ordini serafici.
Nella Divina Commedia i Serafini sono le intelligenze motrici del nono e ultimo cielo del Paradiso, chiamato da Dante cristallino, o primo mobile, in quanto è appunto il primo a muoversi, ricevendo tale movimento da Dio e trasmettendolo ai cieli concentrici sottostanti. Sopra al Primo Mobile c'è solo l'Empireo, che è immobile in quanto perfetto, e sede della Trinità.
I Serafini assolvono un ruolo di elevazione spirituale nel Discorso sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola (1487), l'epitome dell'umanesimo rinascimentale. Pico ha preso gli ardenti Serafini – «essi bruciano con il fuoco della carità» – come il modello più alto dell'umana aspirazione, «insofferente di ogni secondo posto, che cerca sempre di emulare la dignità e la gloria e che non sopporta di essere inferiore a nient'altro».
«Alla luce dell'intelligenza, meditando sul Creatore ammirando la sua Opera, e meditando sulla Creazione ammirando il suo Creatore, saremo risplendenti della luce dei Cherubini e bruceremo alla fiamma dell'amore come i Serafini.»
Nell'antroposofia di Rudolf Steiner i Serafini sono chiamati Spiriti dell'Amore: essi ricevono da Dio in forma diretta e immediata le idee o le direttive con cui far evolvere un complesso cosmico.
Serafino è un termine utilizzato in araldica per indicare una testa di puttino in maestà, cioè in posizione frontale, contornata da sei ali.
Nell'araldica francese sono presenti, abitualmente, solo quattro ali.
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