Il crowdsourcing tra necessità di coordinamento e perdita di controllo/Introduzione

Introduzione

../../Capitolo 1 – Il CrowdsourcingIncludiIntestazione19 luglio 201175%Da definire

Il crowdsourcing tra necessità di coordinamento e perdita di controlloCapitolo 1 – Il Crowdsourcing

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Questa tesi riguarda il crowdsourcing, un nuova modalità di collaborazione di massa che è stata resa possibile grazie ai media digitali. In particolare si analizza il caso studio Adottaunaparola (AUP), un’iniziativa di crowdsourcing per il censimento e il miglioramento delle voci Wikipedia relative alla regione Emilia Romagna. AUP è un progetto di TurismoEmiliaRomagna, un ramo dell’Azienda di Promozione Turistica (APT) regionale che tramite un’architettura digitale integrata svolge compiti di marketing territoriale/turistico.


La tesi è composta da quattro capitoli. I due capitoli iniziali sono di teoria: il primo è dedicato specificamente al crowdsourcing, mentre il secondo si occupa di marketing territoriale/turistico e di social media marketing. Nel terzo capitolo si descrivono gliobiettivi, le modalità di organizzazione e le pratiche di lavoro di TurismoEmiliaRomagna in quanto contesto di ideazione e gestione del progetto; si racconta poi lo svolgimento e l’evoluzione di Adottaunaparola e il lavoro oscuro che ha comportato per lo staff, ovvero l’insieme delle pratiche di gestione e coordinamento diback-office che rendono possibile la partecipazione collettiva. Il quarto capitolo unisce le categorie e i costrutti analitici derivanti dai capitoli teorici con i dati emersi dall’esperienza di TER e AUP, al fine di trattare e discutere alcuni ambiti di interesse.In particolare quello che si vuole indagare è il rapporto tra necessità di gestione/coordinamento e perdita di controllo: come si raggiunge un equilibrio traqueste due componenti indispensabili, e solo apparentemente contrapposte, in una pratica di collaborazione collettiva nel web? È questa la domanda di ricerca cui si prova a dare risposta con la seguente trattazione.


Sono molte già le esperienze di costruzione collettiva di contenuti e molti gli autori chene parlano. Per questo motivo, nel primo capitolo si vuole fare il punto della situazione,trattando gli ambiti di interesse teorico relativi all’argomento nelle opinioni deiprincipali esperti. Si fa specialmente riferimento a Howe, il primo a parlareesplicitamente di crowdsourcing, e a Shirky, che nel suo libro “Uno per uno, tutti pertutti” traccia un quadro delle possibilità offerte da questa nuova pratica. [p. 2 modifica]Si porta quindi la definizione di crowdsourcing, con le relative classificazioni che gliautori attribuiscono ai diversi gradi e livelli di partecipazione. Tali classificazioni nonsono del tutto coincidenti e lasciano aperto un problema relativo al limite di ciò che èclassificabile come crowdsourcing1.

Il pre-requisito alla realizzazione di pratiche di collaborazione on-line è la diffusione deimedia digitali. Si descrivono quindi quali cambiamenti, tanto sociali quanto economici,hanno portato queste nuove modalità di comunicazione. Da un punto di vista sociale, inew media creano la possibilità di realizzare una nuova forma di organizzazione sociale,non riconducibile alle due tracciate dalla tradizionale teoria dei costi di transazione(mercato e gerarchia), e che permette di superarne i limiti. Si tratta, appunto, di pratichedi collaborazione di massa (come le definisce Cottica) intraprese in maniera auto-gestita.Da un punto di vista economico, i new media permettono l’affermazione di un mercatonon più soggetto a limitazioni sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda, unmercato dell’abbondanza basato sul concetto di coda lunga, teorizzato da Anderson.Tuttavia, tali tecnologie sono realmente abilitanti quando raggiungono un discretolivello di diffusione sociale. Quando questo accade però è possibile che gli individui siapproprino di una tecnologia e ne modifichino l’uso e l’utilità: questa eventualità è notacome social drifting.Si descrive poi il primo caso di collaborazione di massa, che ha prodotto il sistemaoperativo Linux. Secondo gli autori tra i motivi del successo di Linux ha giocato un [p. 3 modifica]ruolo importante l’aver posto quella che è definita premessa plausibile, ovvero unaopen-call concreta, realizzabile, trasparente e paritaria.
Uno dei vantaggi delle pratiche di crowdsourcing è il cosiddetto fallimento gratuito che,sia a livello macro che a livello micro, permette quella possibilità di sperimentare senzaperdite che tanto le imprese quanto il mercato non possono affrontare. Dal momento cheil crowdsourcing si basa per lo più sulla collaborazione tra volontari, esso permette diesplorare nuove possibilità e rischiare, senza la preoccupazione di disperdere costimonetari.
Le nuove tecnologie digitali, inoltre, rendendo nulli i costi di pubblicazione, realizzanoun fenomeno di amatorializzazione di massa che permette anche ai non-professionisti lacreazione e diffusione di informazioni. Viene meno il tradizionale monopolio deiprofessionisti e dei proprietari dei mezzi di comunicazione di massa e cambia ilconcetto stesso di ciò che può diventare notiziabile. Questa nuova economiadell’informazione in Rete, per dirla con Benkler, aumenta il grado di libertà e possibilitàall’interno della società. Tuttavia questo fenomeno fa emergere nuovi problemi cherichiedono una ridefinizione (a) dei privilegi precedentemente riservati alla categoriaprofessionale e (b) dei diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, la creazione di user-generated content, non essendo limitata a monte, implica necessità di selezione aposteriori, tramite l’utilizzo di filtri, passaparola, tag e folksonomy.

I nuovi media introducono una inedita modalità di comunicazione “da molti a molti”,rendendo possibile la comunicazione di gruppo. Il risultato è una parcellizzazionedell’audience, da pubblico di massa a quelle che Shirky definisce small-world network.Queste reti di piccoli mondi permettono di portare a termine concreti progetti comuni e,come afferma Howe, esse sono il cuore del crowdsourcing, il contesto e la strutturaall’interno della quale il lavoro ha luogo. All’interno di esse infatti si crea un sistema diobbligazioni reciproche che si traduce in capitale sociale.
Si creano così le condizioni per un processo definito da Anderson produttivismo partecipativo, che tramuta le persone da soggetti passivi in ex-pubblico e prosumers grazie alla creazione di comunità di pratica. Wenger definisce tre fattori da cui dipendeil senso di appartenenza, requisito di una comunità di pratica: mutuo coinvolgimento,enterprise comune, repertorio condiviso. In base al grado di coinvolgimento degli attori, [p. 4 modifica]Shirky differenzia tre gradi di attivazione dei prosumers: condivisione, collaborazione eazione collettiva.
L’attivazione e partecipazione degli individui ad un progetto di crowdsourcing non sonoriconducibili ad un guadagno economico, quanto ad un guadagno in termini di creazionedi un valore di cui può beneficiare l’intera comunità, di utilizzo del proprio talento e divoglia di condividerlo con gli altri. Gli autori interpretano le motivazioni individuali ditale comportamento nell’attitudine naturale degli individui alla collaborazione, che sitraduce in quella che è definita da Himanen etica hacker. Inoltre la facilità dicoordinamento favorita dai media digitali costituisce in sé un incentivo allacollaborazione.
Per avviare, organizzare e gestire un pratica di crowdsourcing è necessario tuttavia unlivello, variabile da caso a caso, di controllo e di lavoro oscuro. Il primo passo èstabilire il giusto equilibrio tra promessa, strumento e patto.

A questo punto, si cerca di indagare e valutare come cambia (o dovrebbe cambiare) ilruolo delle istituzioni in questo nuovo scenario. L’opportunità di intraprendere azioni dicollaborazione di massa on line può permettere la realizzazione di una democraziapartecipativa, grazie alla quale tutti gli stakeholders possono inscriversi nelle politichepubbliche decisionali e negoziarne interessi, strategie e finalità. Tuttavia, perraggiungere questo obiettivo, non bastano le innovazioni tecnologiche: ciò che èrichiesto è un cambiamento di mentalità dell’istituzione stessa, che deve adottareprincipi di interattività, apertura e condivisione. Si presenta, quindi, in cosa consistono ecome sono realizzabili le politiche wikicratiche di cui tratta Cottica nel suo libro“Wikicrazia”.
Si descrive infine, in relazione a quanto trattato finora, la storia di Wikipedia, la suanascita, le caratteristiche peculiari e gli aspetti più innovativi.

Il secondo capitolo è dedicato all’introduzione di ambiti rilevanti per la successivaanalisi del progetto, ovvero il marketing territoriale/turistico e il social mediamarketing, i concetti di esperienza mediata e di micro sfera pubblica.Il marketing territoriale è un non profit marketing che ha come obiettivo la creazione el’aumento del valore e dell’attrattività di un Sistema Locale Territoriale (SLT): è uno [p. 5 modifica]strumento di promozione del territorio e di stimolo allo sviluppo locale. Il marketingterritoriale assume e adatta gli schemi metodologici e gli strumenti del marketingcommerciale, senza però incidere sulla finalità pubblica degli obiettivi. Si tratta di farincontrare l’offerta di un SLT con la domanda emergente/potenziale, dove per offerta diintende il territorio e i prodotti/servizi (tangibili ed intangibili) ad esso legati, mentre perdomanda si intende la totalità dei residenti e delle imprese locali (attori interni), degliinvestitori esterni, dei turisti e degli abitanti potenziali (attori esterni). Tuttavia ladomanda è influenzata dalla percezione soggettiva che le diverse tipologie di fruitorihanno di un SLT: è quindi necessario che il marketing territoriale operi affinché ci siacoerenza tra identità e immagine percepita. Questo aspetto è ancora più vero inrelazione al marketing specificamente turistico, che è soggetto ad una fragilità intrinsecadovuta alla soggettività dell’esperienza turistica. Si necessita quindi di un marketingrelazionale, di una comunicazione che vada a generare dialogo, connessione einterazione tra le parti.

Il social-media marketing è un marketing conversazionale che utilizza gli strumenti delweb 2.0 e i social network (dei quali si descrivono le caratteristiche) al fine di instaurarerelazioni con gli stakeholders. È un pratica che sta prendendo piede tra le imprese e chepermette all’azienda di rapportarsi dialogicamente con i clienti: essi diventanocollaboratori, parte integrante dell’attività aziendale. Si tratta di un vero e propriomarketing collaborativo che ha come finalità la massimizzazione del valore sia per iprosumers che per l’impresa. Tale attività di cooperazione implica che l’azienda, nellacreazione del rapporto con gli interlocutori, accolga e realizzi una concezionetotalmente paritaria e trasparente della comunicazione. In altre parole, è necessario chel’azienda perda il controllo tradizionalmente operato sulla comunicazione aziendale, afavore di una co-narrazione.
Gli autori di riferimento del capitolo sono DeBaggis, Maistrello e Diegoli, i qualidescrivono le modalità di attuazione e i vantaggi di una strategia di social mediamarketing.

Un aspetto positivo derivante dall’utilizzo del web 2.0 è il concetto di esperienzamediata. Grazie ai media digitali infatti l’esperienza personale di un individuo può [p. 6 modifica]essere trasmessa e comunicata ad altri individui, i quali potranno acquisire informazionie conoscenza su eventi e fatti lontani. Ciò modifica il significato del tempo e dellospazio nell’interazione sociale (Meyrowitz), produce una simultaneità despazializzata(Jedlowski) e una conoscenza non locale (Thompson). Tale nuova possibilità sociale haeffetti di rilievo in relazione ad un marketing turistico conversazionale.

I media digitali permettono inoltre di allargare la concezione tradizionale di sferapubblica teorizzata da Habermas: essi producono una sfera pubblica mediata che nonimplica la necessaria compresenza degli individui che la compongono. Alla luce diqueste novità si rivede dunque la condizione di molteplicità situata descritta da Amin afavore di una molteplicità situata digitale.
Un altro autore, Grossi, individua un altro limite della concezione habermasiana disfera pubblica: la mancanza di un imprenditore cognitivo, ovvero un attore sociale cheassuma il ruolo di facilitatore di una pratica di opinione pubblica, prendendo in carico ilcompito di promuoverla, attivarla ed orientarla.

Nel terzo capitolo di descrive TurismoEmiliaRomagna, l’interfaccia di APT che tramiteun’architettura digitale integrata, assume un duplice ruolo: da un lato collettore diemergenze territoriali, dall’altro veicolo di una narrazione unitaria ma corale delterritorio. La finalità di TER è mettere in rete chi fruisce e/o racconta le realtà locali inun’infrastruttura aggregatrice, creando un ambiente stabile di relazioni paritarie con gliinterlocutori (che si differenziano tra indigeni, turisti ed operatori). Da questo dialogoemerge un racconto collettivo e condiviso, il cui scopo è produrre un valore aggiuntonella costruzione dell’immagine della regione.

Tale finalità è raggiungibile intraprendendo quotidianamente numerose attività dicrowdsourcing (“Gli amici di TER segnalano” e le “Pillole di URP distribuito” percitarne alcune), che richiedono un continuo lavoro di back-office, riassumibile nelle tremacrocategorie di (a) predisposizione all’ascolto e all’accountability, (b) definizione dimetaregole che indirizzino le prassi di collaborazione della community e (c) aperturadel lavoro redazionale. Al fine di incentivare la partecipazione, il lavoro oscuro passainoltre per la differenziazione della comunicazione tra i diversi canali social, e perl’attuazione di strategie di community building. [p. 7 modifica]Tra le attività di crowdsourcing di TER la più complessa è senza dubbioAdottaunaparola, oggetto di questa tesi. Infatti tale progetto richiede un maggiore gradodi coinvolgimento e attivazione da parte della community, e conseguentemente unmaggiore grado di lavoro oscuro.
Il progetto, concettualmente divisibile nelle due fasi di censimento e adozione, è statoideato dallo staff di TER a settembre 2010, ma è attualmente ancora in corso. Pernecessità di indagine, tuttavia, si è qui deciso di porre come termine di osservazione eanalisi il 31 dicembre 2010.
Lo scopo del progetto è creare un racconto accurato e vero della regione e delle suericchezze, grazie alla raccolta e valorizzazione delle conoscenze di chi ha competenzaed esperienza diretta di una peculiarità regionale. Gli attori che, oltre allo staff, hannopreso parte al progetto sono: la community (in particolare gli evangelist) e WikimediaItalia, che è entrata a far parte del progetto assumendo un importante ruolo dimonitoraggio. AUP costituisce un’inedita collocazione intermedia tra le parti, una sortadi layer simbolico che unisce e accompagna la community nell’attività pratica.
Come si vedrà, il progetto ha prodotto un reale valore per tutti i soggetti coinvolti.
Il lavoro oscuro è stato fondamentale in tutte le fasi del progetto, dal designall’implementazione. Si è dedicato un sottoparagrafo ad ogni singola attività del ruolo digestione, che si è concretizzato: (a) nel rimodulare la traiettoria del progetto in base aisuggerimenti e alle necessità emergenti; (b) nel modificare e semplificare gli strumenti;(c) nell’applicare la giusta modalità di coinvolgimento della community e (d) neldifferenziare la strategia sui diversi social network; (e) nel dare inerzia e stimolare lapartecipazione; (f) nell’essere punto di riferimento e guida per gli interlocutori; (g) nelrelazionarsi quotidianamente con Wikimedia; (h) nel richiedere feedback concreti e nelporre una deadline al progetto. L’ultima parte del capitolo è dedicata al diario di bordo.

Nel quarto capitolo si discutono le caratteristiche emerse da Adottaunaparola inrelazione alla teoria descritta nei primi due capitoli: le diverse dimensioni del lavorooscuro e la sua essenzialità per lo svolgimento di un’attività crowdsourced; il ruolo deisoggetti coinvolti e i diversi compiti svolti dallo staff; la necessità di negoziare il gradodi lavoro oscuro con la community e, nel fare ciò, l’importanza dell’attitudine [p. 8 modifica]conversazionale che la cosiddetta ex-redazione deve adottare se vuole collaborare con ilcosiddetto ex-pubblico.
Si pone quindi il focus sulla difficoltà che si incontra nel conseguire e assicurarel’adeguato equilibrio tra mantenimento della coerenza interna al progetto e perdita dicontrollo a favore di un output co-creato. Si tratta di trovare la giusta modalità disviluppo e moderazione della comunicazione.
Inoltre si indagano i requisiti abilitanti necessari alla partecipazione della community, inprimis il capitale di reputazione e fiducia, e gli indicatori del successo di un’iniziativa dicrowdsourcing, che sono sì quantitativi, ma sono anche e soprattutto gli obiettivi dibusiness, come la visibilità.
Infine si presentano i vantaggi di una iniziativa di crowdsourcing come quella descrittaal fine di creare una narrazione territoriale collettiva, e le criticità che sono emerse nelsuo svolgimento, soprattutto in relazione a problemi strutturali degli strumenti socialutilizzati.

La descrizione del progetto Adottaunaparola è stata svolta dalla sottoscritta in quantoparte dello staff che lo ha sviluppato. Questo conflitto di interessi tra l’esseredirettamente coinvolta nella gestione di AUP e la necessità di prenderne le distanze perdescriverlo con oggettività è stata affrontata facendo ricorso ad alcuni criteri di ricercapropri dell’etnografia, un metodo di indagine qualitativa e approfondita, per lo piùapplicata ad ambiti circoscritti. Tale indagine si svolge osservando sul campo ifenomeni oggetto di ricerca, per poi provare a interpretarli e generalizzarli solosuccessivamente. Nella ricerca etnografica la soggettività del ricercatore è parteintegrante dell’indagine; inoltre le ipotesi di ricerca vengono negoziate strada facendo apartire dall’analisi dei dati raccolti e successivamente verificate attraverso la raccolta dialtri dati.

Nell’analisi dei dati di TER e AUP si è quindi seguito il percorso tracciato da Ronzonper lo sviluppo di una teoria. Il primo passo è ordinare i materiali, classificandoli ecreando connessioni, e contemporaneamente valutando la plausibilità delle ipotesisviluppate. Successivamente si vanno a selezionare e strutturare le informazioni, in unadisposizione a imbuto che prevede una focalizzazione progressiva. [p. 9 modifica]Si è quindi cercato: (a) nella fase di valutazione di far attenzione agli spunti riflessivi ingrado di far avanzare la teorizzazione; (b) nella fase di presentazione di mettere dasubito in evidenza il ruolo del ricercatore, distinguendo costantemente tra affermazionidi altri e interpretazioni personali.

Il racconto è descritto con un approccio formalista, quello maggiormente utilizzato perle micro-analisi sull’interazione sociale: la realtà è presentata in modo analitico, ladescrizione è strutturata in base a modelli offerti dalle teorie di riferimento.

Note

  1. Nessuno degli autori specifica con precisione quali siano concretamente i limiti del crowdsourcing. La risposta a tutti gli effetti non è semplice, e probabilmente dipende dalle situazioni. Alcuni autori arrivano a definire come crowdsourcing anche le azioni che producono visibilità. Eppure, nonostante sia palese che senza condivisione il valore di molti progetti potrebbe rimanere sconosciuto, questa interpretazione diciò che è definibile come crowdsourcing rischia di diventare pressoché onnicomprensiva nelle pratiche di web 2.0. Per questo motivo, in questa trattazione non si sono considerate le attività di livello zero di crowdsourcing, come like ecc., ma solo quelle che comportano un livello di organizzazione e attivazione degli interlocutori.