Strage Di Erba: Caso di omicidio plurimo commesso a Erba nel 2006

La strage di Erba è un caso di omicidio plurimo avvenuto a Erba, in provincia di Como, l'11 dicembre 2006.

Strage di Erba
strage
TipoOmicidio plurimo
Data11 dicembre 2006
19:50 ca. – 20:20
LuogoVia Armando Diaz, 25 - Erba
StatoBandiera dell'Italia Italia
Coordinate45°48′30.9″N 9°13′36.5″E / 45.808583°N 9.226806°E45.808583; 9.226806
ArmaColtello e spranga
ObiettivoRaffaella Castagna e Youssef Marzouk
ResponsabiliAncora da accertare (riesame del processo nei confronti di Olindo Romano e Rosa Bazzi)
MotivazioneSconosciuta
Conseguenze
Morti4
Feriti1

La strage fu compiuta dai coniugi Olindo Romano (Albaredo per San Marco, 10 febbraio 1962) e Angela Rosa Bazzi nota come Rosa (Erba, 12 settembre 1963), che uccisero a colpi di coltello e spranga Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e infine la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito di quest'ultima, Mario Frigerio (Montorfano, 29 giugno 1941 – Como, 16 settembre 2014), colpito con un fendente alla gola e creduto morto dagli assalitori, riuscì a salvarsi grazie ad una malformazione congenita alla carotide che gli evitò la morte per dissanguamento. La strage avvenne nell'abitazione di Raffaella Castagna, in una corte ristrutturata nel centro della cittadina. L'appartamento fu dato alle fiamme subito dopo l'esecuzione del delitto.

Il 3 maggio 2011, la Corte suprema di cassazione ha rigettato i ricorsi proposti, rendendo definitiva la sentenza d'appello che aveva riconosciuto come autori della strage i coniugi Romano, già condannati all'ergastolo in primo grado.

Nel marzo 2024 la Corte di Appello di Brescia accetta l’istanza di revisione presentata dai difensori dei coniugi Romano, rimettendo così in discussione la sentenza della Corte di Assise di Como del 2008, che aveva condannato i due coniugi all’ergastolo.

Il delitto

La sera dell'11 dicembre 2006, verso le 20:20, al numero 25 di via Armando Diaz a Erba, divampò un incendio all'interno di uno degli appartamenti di una delle palazzine che la compongono, noto come condominio del Ghiaccio. Due vicini di casa, uno dei quali era un pompiere volontario, entrarono per primi nell'edificio; a ridosso del pianerottolo trovarono un uomo ferito, il sessantacinquenne Mario Frigerio, e lo trascinarono per le caviglie lontano dal fuoco. Entrando nell'abitazione, i soccorritori trovarono il corpo senza vita e in fiamme di Raffaella Castagna, trentenne impiegata part-time in una comunità di assistenza per disabili. Riuscirono a trasportare anch'esso sul pianerottolo e cercarono poi di assistere il ferito Frigerio.

Ad un certo punto i soccorritori sentirono risuonare le invocazioni di aiuto di una donna e Frigerio riuscì a comunicare con un filo di voce al soccorritore Ballabio che al piano superiore c'era la moglie; tuttavia, a causa del fumo, i presenti furono costretti ad abbandonare l'edificio. Successivamente arrivarono i vigili del fuoco, che domarono l'incendio e scoprirono altri tre corpi senza vita, appartenenti a Paola Galli, sessantenne casalinga madre di Raffaella; Youssef Marzouk, giovane figlio della donna; e Valeria Cherubini, cinquantacinquenne moglie di Frigerio.

Le indagini riportarono le cause della morte: Raffaella Castagna (sorpresa nel corridoio davanti alla porta di casa) era stata colpita ripetutamente con una spranga, accoltellata dodici volte e sgozzata, morendo a causa delle lesioni alla testa (frattura del cranio) dovute ai colpi di spranga; Paola Galli era stata aggredita nel corridoio di casa era stata attinta da sei coltellate e sei sprangate (causa del decesso i colpi lesivi al cranio); Youssef Marzouk era deceduto sul divano del soggiorno per dissanguamento dopo aver ricevuto due ferite da arma da taglio di cui una mortale alla gola che aveva reciso l'arteria carotide. Per nascondere le tracce del delitto, l'appartamento venne dato alle fiamme, ma il fumo che si sviluppò all'interno costrinse gli aggressori a fuggire dall'abitazione verso le scale condominiali dalle quali stavano scendendo i coniugi Frigerio-Cherubuni, che erano stati attirati verso l'appartamento Castagna proprio dal fumo che stava fuoriuscendo da sotto la porta. Valeria Cherubini fu rinvenuta nel suo appartamento che era collocato nel sottotetto: dopo essere accorsa al piano inferiore, sulle scale condominiali aveva avuto una prolungata colluttazione con chi l'aggrediva ed era stata ferita gravemente da trentaquattro coltellate e otto colpi di spranga; quest'ultimi però non erano risultati così lesivi come per Castagna e Galli e le avevano permesso di risalire al piano superiore. Era ancora viva all'arrivo dei primi soccorsi portati dai vicini e aveva cercato di attirare la loro attenzione con invocazioni di aiuto, ma i soccorritori non erano potuti intervenire a causa del fumo che saliva provenendo dall'incendio dell'abitazione Castagna; era poi deceduta, insieme al cane di famiglia, a causa dell'inalazione del monossido di carbonio, concentratosi nella sua abitazione. Frigerio era stato a sua volta vittima di aggressione sulle scale condominiali, venendo percosso e accoltellato alla gola, ma era riuscito a sopravvivere grazie a una malformazione congenita della carotide che lo aveva preservato da un dissanguamento mortale.

I rilievi evidenziarono che gli aggressori erano due, uno dei quali mancino, armati di due coltelli a lama corta e lunga, nonché di una spranga.

Indagini

Azouz Marzouk

Le indagini inizialmente si concentrarono su Azouz Marzouk, nativo di Zaghouan (Tunisia), marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef. Marzouk, che secondo la stampa aveva precedenti penali per spaccio di droga ed era uscito dal carcere grazie all'indulto del 2006, al momento dei fatti era in Tunisia in visita ai genitori; rientrato precipitosamente in Italia, venne interrogato dai carabinieri. Gli inquirenti confermarono il suo alibi e iniziarono a sospettare di un regolamento di conti compiuto contro di lui.

Olindo Romano e Rosa Bazzi

Tra le altre piste seguite venne subito notato il comportamento anomalo di due vicini di casa di Raffaella Castagna, che in passato avevano avuto contenziosi legali con la defunta. Nonostante gli sconcertanti fatti accaduti, già dalle prime ore dopo gli omicidi i coniugi Romano si erano dimostrati disinteressati agli eventi e, diversamente dagli altri abitanti della corte e dei condomini, non avevano chiesto rassicurazioni alle forze dell'ordine. Questi sospetti portarono gli inquirenti a sequestrare alcuni indumenti dei coniugi e a mettere sotto controllo l'abitazione e l'automobile. Già nella prima notte dopo la strage, altri fatti avevano destato l'attenzione degli inquirenti: entrambi presentavano delle ferite (il marito un'ecchimosi alla mano e una all'avambraccio, la moglie una ferita già rimarginata ad un dito). Inoltre, alle domande di rito poste subito dopo la strage, i due avevano mostrato uno scontrino del McDonald's: ciò era risultato alquanto sospetto, poiché si evinceva un tentativo immediato di apparire a tutti i costi estranei alla vicenda, quando i carabinieri non avevano posto alcuna domanda al riguardo.

Le intercettazioni ambientali rafforzarono i sospetti in quanto fu subito chiaro che, mentre tutta la nazione era interessata a quanto accaduto, i coniugi Romano non affrontavano mai l'argomento nei loro colloqui. Pertanto, il 26 dicembre vennero disposti accertamenti tecnici urgenti sulla loro automobile, che portarono gli inquirenti a scoprire sul battitacco del guidatore una traccia di natura ematica attribuita a Valeria Cherubini e non compromessa. Fu l'unico residuo ematico trovato nell'intera auto, nei vestiti, nell'abitazione e negli effetti personali dei Romano: la difesa avrebbe poi sostenuto che si era trattata di contaminazione, mentre per l'accusa fu l'unico errore dell'accurata pulizia messa in atto dai coniugi.

I coniugi vennero fermati il giorno 8 gennaio 2007 e arrestati, dopo un lungo interrogatorio, il giorno seguente. Vennero descritti come due persone molto chiuse ed isolate, morbosamente attaccati l'uno all'altra. Durante le indagini, alcuni familiari di Rosa Bazzi affermarono che la donna avrebbe subito violenza sessuale da parte di un conoscente (forse addirittura di un parente) all'età di dieci anni, peraltro senza mai ricevere alcun genere di assistenza o sostegno a seguito di ciò. Indagando nel passato di Olindo Romano invece, emerse una querela sporta contro di lui dal padre e dal fratello all'inizio degli anni ottanta, a seguito di una rissa per motivi familiari. Di fatto, all'epoca dell'arresto, Romano e Bazzi avevano interrotto ormai da anni qualsiasi rapporto persino con i più stretti familiari; una psichiatra, consulente della difesa, affermò poi che era opportuno valutare il quoziente intellettivo della Bazzi, al fine di stabilirne la capacità di intendere e volere.

Romano venne accusato di omicidio plurimo pluriaggravato, la moglie di concorso. Furono poi i rilievi dei RIS a indicare la presenza di una seconda persona nella strage, mancina come Bazzi.

Gli inquirenti risalirono ai frequenti diverbi esistenti fra i Romano e Raffaella Castagna, sfociate anche in una lite la notte di Capodanno del 2005 e in una causa civile fra le parti, che avrebbe dovuto svolgersi due giorni dopo la strage: in quell'occasione, i coniugi Romano avevano aggredito e percosso la Castagna, che aveva sporto denuncia contro di loro per ingiurie e lesioni dopo un diverbio scoppiato quella sera, pur offrendosi di ritirarla in cambio di un risarcimento in denaro. L'episodio, comunque, era solo l'ultimo di una lunga lista di ostilità e sgarbi tra inquilini, frequentemente sfociati in diverbi e litigi. I coniugi ribadirono la loro innocenza e dichiararono di aver trascorso la serata in un McDonald's di Como, di cui hanno conservato anche lo scontrino, il cui orario è però due ore avanti rispetto alla strage e al consueto orario di cena dei due. Gli inquirenti sospettano subito un tentativo maldestro dei coniugi di procurarsi un alibi.

Il 10 gennaio 2007, davanti ai magistrati, i Romano ammisero, addossandosi separatamente l'intera responsabilità, di essere gli esecutori della strage, descrivendone con minuzia i singoli atti, il tipo di ferite, la posizione dei corpi delle vittime e il tipo di armi usate; la confessione venne ribadita in sede di convalida di fermo al GIP e decisivi furono ritenuti i particolari descritti poiché conoscibili solo da chi aveva vissuto la scena del delitto. Contro di loro anche la testimonianza di Mario Frigerio, unico sopravvissuto.

I processi

Udienze preliminari

Il 10 ottobre successivo, di fronte al GUP che doveva decidere se aprire o meno il processo, Olindo dichiarò di essere innocente e ritrattò la sua confessione. Anche la moglie Rosa ritirerà le sue dichiarazioni. I parenti delle vittime insorsero in aula, il giudice fu costretto a sospendere la seduta. Azouz Marzouk chiese la pena di morte per i due imputati, pur non essendo prevista nell'ordinamento italiano. L'accusa, rappresentata dal PM Massimo Astori, considerò le ritrattazioni dei Romano come una semplice variazione della strategia difensiva.

Il 12 ottobre Olindo Romano e Rosa Bazzi furono rinviati a giudizio.

Primo grado

La prima udienza si tenne il 29 gennaio 2008; nel corso delle udienze, i coniugi Romano passano il tempo scambiandosi effusioni e ridacchiando tra loro, persino durante la proiezione in aula delle fotografie del cadavere del piccolo Youssef.

Il 18 febbraio 2008 Olindo accusò i carabinieri che l'avevano interrogato di avergli fatto il lavaggio del cervello e di averlo convinto a confessare, promettendogli in cambio pochi anni di carcere e l'immediata liberazione della moglie Rosa. Negli stessi giorni, i loro vicini di casa testimoniarono davanti alla corte che i Romano avevano creato un clima di terrore nel condominio con liti furiose, minacce verbali, lanci di vasi nei terrazzi altrui, lettere di avvocati; più volte le forze dell'ordine erano dovute intervenire e diversi inquilini dello stabile avevano preferito trasferirsi altrove per evitare ulteriori litigi. Una vicina racconterà che, poco tempo prima della strage, Olindo Romano le aveva consegnato una mole di pagine manoscritte contenenti la loro versione delle liti con Raffaella Castagna e la sua famiglia, chiedendole il favore di dattiloscriverle per lui. La difesa tentò di sostenere, senza pur tuttavia dimostrarlo, che lo stesso giorno della strage un estraneo era presente nella casa di Raffaella Castagna.

Testimonianza di Mario Frigerio

Mentre in un primo momento, dal letto di ospedale, Mario Frigerio aveva indicato nel suo assalitore una persona sconosciuta, di carnagione olivastra, durante il procedimento questi depose in qualità di unico testimone oculare riconoscendo in Olindo Romano il proprio aggressore.

Nell'aula, nel dibattimento, si verificano tensioni fra accusa e difesa, in particolare durante il controinterrogatorio di Frigerio da parte degli avvocati dei Romano: dopo alcune insistenti domande dei difensori che tentano di metterne in dubbio la credibilità e di dipingerlo come un teste falso, Frigerio si rivolse loro esclamando "vergognatevi!" ed apostrofando come "assassino" Olindo Romano; il giudice sospese l'udienza.

Ulteriori ritrattazioni dei Romano

Il 28 febbraio 2008 Olindo Romano rilasciò una seconda dichiarazione spontanea, insistendo sul presunto lavaggio del cervello da lui ipotizzato e dichiarando di essere stato "trattato come una bestia" nel carcere di Como; chiese di non venire separato dalla moglie. Le testimonianze dei carabinieri che lo hanno interrogato - e confermate dall'ascolto delle registrazioni effettuate - rivelarono invece che Olindo e Rosa confessarono, dicendo loro di volersi liberare la coscienza. La moglie, che doveva anch'ella rilasciare dichiarazioni, rinunciò perché, secondo i legali, profondamente colpita dalle accuse rivoltele da Frigerio. Rosa parlerà al processo, nella successiva udienza del 3 marzo 2008: nella sua deposizione dichiarerà di aver confessato dietro la promessa degli arresti domiciliari. Inoltre affermò di non essere mai salita nella casa di Raffaella Castagna e smentì di aver mai avuto diverbi con lei, sostenendo anzi che aveva cercato di aiutarla, quando aveva bisogno, circostanza smentita anche da alcuni amici della Castagna, che riferirono anche che Raffaella gli aveva raccontato di un pedinamento da parte dei coniugi Romano persino pochi giorni prima della strage; i coniugi smentirono di averla voluta pedinare, ma l'accusa usò poi questo avvenimento come la prova dell'inizio di un'escalation intimidatoria nei confronti della Castagna.

Il 31 marzo 2008 la difesa, invocando il cosiddetto legittimo sospetto, chiese di spostare il processo lontano da Como perché i media locali avrebbero avuto un atteggiamento ostile nei confronti degli imputati. L'istanza fu respinta. Il 2 aprile 2008 venne fatta ascoltare in aula la prima dichiarazione di Mario Frigerio, che, pur gravemente ferito, descrisse con precisione la dinamica della strage. Venne interpretata come una conferma della colpevolezza dei Romano. La difesa, allora, chiese la ricusazione dei giudici, sostenendo che avessero posizioni pregiudiziali nei confronti degli imputati. Il processo fu nuovamente sospeso.

Il 17 novembre 2008 la Corte di cassazione ha poi respinto la ricusazione dei giudici. Il processo riprese con la requisitoria del pubblico ministero; il magistrato ripercorse tutte le tappe della vicenda descrivendolo come un "viaggio dell'orrore". Vennero esibite le prove contro i Romano, a partire dalla tracce di sangue con il DNA di una delle vittime. Al termine della requisitoria, Astori chiese il massimo della pena per i due coniugi: ergastolo senza attenuanti con l'isolamento diurno per tre anni. Per il PM, la strage di Erba è stato uno dei crimini più atroci della storia d'Italia.

Il 19 novembre 2008 Olindo rilasciò la sua terza dichiarazione spontanea, sostenendo di aver recitato fino a quel momento la parte del mostro, e che in questa recita rientravano la confessione rilasciata a uno psichiatra e le frasi lasciate appositamente su una Bibbia in suo possesso, contenenti ingiurie ed invettive contro le vittime, dichiarazioni d'amore alla moglie e poesie. Le parti civili chiesero complessivamente otto milioni di euro come risarcimento.

Sentenza

In seguito Olindo rilasciò la quarta dichiarazione spontanea, ribadì la sua innocenza e quella della moglie ed espresse cordoglio per i familiari delle vittime.

La Corte d'assise emise il 26 novembre 2008 la sentenza di primo grado: i coniugi Romano vengono condannati all'ergastolo con l'isolamento diurno per tre anni. La corte inoltre stabilì come risarcimento una quota di 500 000 euro per i Frigerio, 60 000 euro a Marzouk e 20 000 per i suoi genitori residenti in Tunisia.

Secondo grado e ricorso

Il 20 aprile 2010 la Corte d'assise d'appello di Milano ha poi confermato l'ergastolo ai coniugi Rosa Bazzi e Olindo Romano, con la misura afflittiva supplementare dell'isolamento diurno per tre anni, il massimo consentito dalla legge

Cassazione

Avverso la sentenza vengono proposti due ricorsi per cassazione, uno dei quali articolato su 40 motivi di legittimità; la suprema corte lo presenta come effetto di «un'operazione di vivisezione della vicenda processuale, cosicché ogni singolo passaggio del processo è stato ritenuto viziato, talora sotto più profili». Il 3 maggio 2011 la sentenza sanciva il rigetto dei ricorsi.

Il Procuratore Generale presso la Corte aveva chiesto la convalida della sentenza di secondo grado.

La Corte di legittimità afferma che devono essere respinti tutti gli argomenti difensivi, dal momento che non era possibile intaccare «la solidità dello zoccolo su cui era stata ricostruita la dolorosissima vicenda».

In particolare:

  • la circostanza che l'unico testimone della strage, Mario Frigerio, non abbia subito riconosciuto Olindo non costituisce — per la Corte — un indice sicuro ed inoppugnabile della sua inattendibilità, dovendosi considerare altresì che:

«(...) la Corte territoriale non si è affatto nascosta che nella prima parte il Frigerio avesse manifestato difficoltà a ricordare, avesse fornito dati confusi e contraddittori sull'identità del suo aggressione (peraltro mai indicato come soggetto di origine nordafricana, quanto indicato come soggetto dalla carnagione olivastra, con occhi scuri, capelli folti e neri), ma ha compiutamente argomentato come il teste abbia plausibilmente spiegato le sue difficoltà non tanto nel fare affiorare il ricordo momentaneamente offuscato a causa del trauma, quanto la sua difficoltà a credere che ad inveire su di lui fosse stato il Romano, suo vicino di casa che riteneva persona per bene (...) la spiegazione fornita dal testimone va esente da qualsivoglia censura di implausibilità (...) [poiché sussiste] un solidissimo ancoraggio che non poteva ammettere letture alternative al fatto che il Frigerio ebbe a riconoscere subito il Romano»

  • le domande poste a Mario Frigerio — secondo la difesa "suggestive", nel senso di voler indurre Frigerio ad attribuire il nome di Olindo alla figura che egli aveva visto la sera della strage — non rilevano ai fini della attendibilità della testimonianza dell'unico sopravvissuto:

«(...) anche ammesso il carattere suggestivo delle domande rivolte dai Carabinieri, il teste sia avanti i pubblici ministeri, che avanti ai giudici, ha sempre tenuto fermo di aver avuto distinti in mente i tratti del Romano come suo aggressore, ma di aver esitato a menzionarlo ab initio, perché voleva capire come fosse stato possibile che un normale condomino, con cui non aveva mai avuto nessun contrasto, si fosse accanito così brutalmente su di lui e su sua moglie. La valorizzazione di questa versione non espone la motivazione della sentenza ad alcuna seria critica di illogicità o contraddittorietà»

  • le eventuali doglianze sulla presenza della macchia di sangue sull'auto dei coniugi Romano — in particolare, sulla possibilità di "contaminazione" (nel senso che qualcun alcun altro, che in precedenza si trovasse sulla scena del delitto, avrebbe potuto trasportare il materiale ematico sull'autovettura) e sulla carente documentazione scientifica relativa alle operazioni dei rilevamenti esperiti dalla Polizia Giudiziaria — sono del tutto infondate:

«(...) deve essere rilevato che la presenza di traccia sul battitacco della portiera dell'auto dei due imputati è un dato storico, raccolto il 26.11.2006, che i giudici di merito non potevano sottovalutare e che la traccia era particolarmente nitida, tanto da consentire di esaltare con estrema puntualità il profilo genetico. Il vettore della traccia è stato plausibilmente ritenuto il Romano, per il semplice fatto che solo lui ebbe a salire a bordo dell'auto lato guida, se non prima (...) i controlli di polizia sull'auto vennero sempre effettuati senza salirvi a bordo in ragione delle modeste dimensioni dell'auto stessa (trattandosi di SEAT Arosa) (...) il dato storico era inconfutato (presenza della traccia sull'auto dell'imputato), ragion per cui nel presente contesto non era indispensabile individuare con certezza assoluta il mezzo di veicolazione della traccia per poterne apprezzare la portata probante (...) la nitidezza della traccia induceva ad opinare nel senso che la stessa fosse stata portata direttamente dal luogo del delitto, escludendo che potesse essere frutto di contaminazione dal luogo del delitto (...) il verbale della perquisizione [fu] di fatto sottoscritto da operatori che pur avendo partecipato alle complesse operazioni che si resero necessarie dopo il massacro, non operarono direttamente al'atto perquisizione (...) per quanto discutibile come prassi, la corte territoriale ha ritenuto che tale modus operandi fosse comprensibile in ragione della concitazione del momento (...)»

  • in merito alle confessioni dei due imputati — secondo la difesa pesantemente influenzate dall'operato dei Carabinieri e dei pubblici ministeri, e pertanto inattendibili — la Corte osserva che:

«(...) sul fatto che le confessioni rese dai due imputati siano state frutto di una deliberazione non coartata, ancorché necessitata dalla incombenza degli eventi, i giudici di merito hanno fornito nella sentenza esaustiva motivazione (...) se è vero, come la corte ha osservato, che indubitatamente gli imputati siano stati sottoposti ad una pressante ma non vietata sollecitazione a fornire quanto a loro conoscenza, attesa la gravità dei fatti che imponeva venisse fatta piena luce, dall'altro non può essere ritenuto che sia stata operata pressione psicologica tale da limitare la libertà di autodeterminazione (...) [non rileva neppure] il fatto che nelle conversazioni in carcere tra i due, prima della decisione di confessare, i medesimi abbiano ribadito la loro innocenza, trattandosi di colloquio condotto nella piena consapevolezza di essere ascoltati a distanza (...) non è consentito parlare di ricadute in termini di corretto contraddittorio e di corretta formazione della prova, proprio in ragione del fatto che i contributi dichiarativi del Romano sono stati accompagnati da annotazioni vergate di proprio pugno a pieno contenuto confessorio (...) [altri elementi che depongono in favore dell'attendibilità delle confessioni sono] le annotazioni sulla Bibbia vergate dal Romano, in cui lo stesso manifestava l'acredine verso la famiglia Marzouk-Castagna, ma chiedeva perdono per quanto fatto (...) entrambe le sentenze di merito hanno dimostrato, con incedere logico ed argomentativo ineccepibile, la gravosità del compendio probatorio portato dall'accusa che inevitabilmente si opponeva alle comprensibili proteste di innocenza elevate nelle primissime fasi procedimentali ed in quella processuale, successiva all'udienza preliminare dai due imputati»

  • in merito alla circostanza per cui le due corti di merito abbiano sottovalutato piste alternative, la Corte rileva che:

«(...) è stata fornita adeguata motivazione sulla impraticabilità di alternativi fronti di indagine per la insussistenza di concreti spunti investigativi attesa la inconsistenza del dato riferito da Menzen e Chemcoum, quanto alla presenza di un terzetto davanti a via Diaz, 28, ancorché detto terzetto comprendesse il fratello di Raffaella Castagna, che non aveva rapporti facili con la sorella, poiché nulla di più era emerso. Veniva aggiunto che occorreva ad estranei alla corte disporre delle chiavi per accedere alla palazzina teatro del massacro, attesa l'insussistenza di segni di scasso della serratura (...) i giudici hanno, con opinare del tutto lineare, sostenuto l'implausibilità del fatto che gli aggressori siano stati uditi dall'inquilino del piano sottostante, per la semplice ragione che gli aggressori in attesa della preda ben difficilmente avrebbero fatto notare la loro presenza a chi abitava nell'alloggio sottostante (...) era stato considerato anche l'ambiente insano frequentato dal Marzouk, coinvolto in traffici di stupefacente, come luogo di germoglio dell'azione criminosa, ma nessuno spunto emerse per accreditare questa ipotesi»

Sviluppi e ricorsi giudiziari

Rosa Bazzi sta scontando la pena nel carcere di Bollate, mentre Olindo Romano sta scontando la pena nel carcere di Opera; i due sono autorizzati a incontrarsi una volta al mese.

Già nell'aprile del 2011 Marzouk aveva cambiato idea sostenendo che i Romano non fossero i colpevoli.

Nel 2012 Azouz Marzouk, risposatosi nel frattempo in Tunisia, sempre ritenendo i Romano innocenti, afferma di volere per loro la revisione del processo; si scopre poi successivamente che lo stesso Azouz Marzouk era stato querelato dalla famiglia delle vittime per aver violentemente apostrofato, con termini non gentili e non corretti, la stessa famiglia delle vittime.

Nel settembre 2012, Azouz Marzouk intenta un ricorso presso la Corte Europea dei diritti dell'Uomo, in quanto avrebbe rilevato quelli che afferma essere numerosi vizi processuali in cui sarebbero incorsi i giudici in tutti e tre i gradi del giudizio. La Corte europea dichiara la non ammissibilità del ricorso. Appellato nuovamente dinanzi alla medesima Corte, viene nuovamente rigettato per le medesime motivazioni.

Nel 2012 i due condannati ricorrono dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), la quale respinge il ricorso per assoluto difetto di giurisdizione. Rinunciano all'appello.

Nel 2013 il pool di difesa dei coniugi Romano intenta il ricorso volto alla revisione del processo di colpevolezza in base alla normativa vigente prevista in materia di revisione del processo dal codice di procedura penale.

Nell'agosto 2014 termina per i due coniugi l'isolamento diurno che era stato inflitto loro nei tre gradi di giudizio.

Nel marzo 2023 Azouz Marzouk viene condannato per diffamazione a risarcire 70.000 euro a Giuseppe e Pietro Castagna, fratelli di Raffaella Castagna, dopo avere suggerito in un'intervista che la famiglia Castagna fosse responsabile della strage.

Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo

Nel settembre 2012 il Corriere di Como riporta la notizia del ricorso — già annunciato dopo la condanna definitiva in Cassazione — esperito dai due condannati alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo nel marzo dello stesso anno, in cui, a detta della difesa, rilevano numerosi vizi processuali in cui sarebbero incorsi i giudici in tutti e tre i gradi di giudizio, lesivi del diritto di difesa degli imputati nel corso del procedimento penale. In realtà, come evidenziato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il diritto all'effettività di difesa viene declinato autonomamente nei vari ordinamenti giuridici interni, pertanto non è possibile procedere alla disapplicazione della norma vigente nell'ordinamento giuridico interno in favore della norma della Convenzione, in quanto per la sua applicazione, la medesima convenzione si richiama all'ordinamento giuridico interno dei singoli Stati. Il ricorso sarà dichiarato non ammissibile per assoluto difetto di giurisdizione. La difesa rinuncia al ricorso successivo presso la medesima corte in quanto non ritiene probabile un esito favorevole del medesimo. Si esauriscono pertanto le possibilità di ricorso presso organi sovranazionali.

Pochi mesi prima anche Azouz Marzouk — reputando contraddittori alcuni passaggi delle sentenze di condanna — aveva dato mandato al suo avvocato di esperire ricorso presso la medesima Corte. In due differenti sentenze, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha dichiarato non ammissibile il ricorso presentato dal legale di Azouz Marzouk per esercizio abusivo del diritto di agire, in quanto non figura come parte lesa, ed ai sensi proprio dell'ordinamento, possono ricorrere alla Corte solo coloro che ritengano di essere vittima di una violazione da parte dello Stato di uno dei diritti e delle garanzie riconosciuti dalla Convenzione o dai suoi protocolli, inoltre ha dichiarato non ammissibile il successivo ricorso alla medesima corte per le medesime motivazioni.

Le richieste di revisione del processo

Nel 2013 il pool difensivo dei Romano — composto dagli avvocati Fabio Schembri e Luisa Bordeaux — manifesta la possibilità di richiedere la revisione del processo, in base alla normativa vigente prevista dal codice di procedura penale, in particolare, a detta della difesa:

  • sulla base delle dichiarazioni di Azouz Marzouk che, dopo il processo, ritenne la coppia condannata ingiustamente, provocando, tra l'altro, l'indignazione del parente delle vittime Carlo Castagna;
  • sulla pista — mai battuta in precedenza — che vede come colpevoli della strage persone appartenenti a cosche della criminalità organizzata ('Ndrangheta), comunque di nazionalità non araba. Questa ipotesi venne riferita alla madre di Azouz Marzouk da un uomo, all'epoca non meglio identificato, che andò in Tunisia a riferire questa particolare circostanza;
  • sulla base delle sommarie informazioni (mai prese in considerazione) rese dal testimone Ben Brahim Chemcoum, all'epoca dei fatti escusso dai Carabinieri di Erba, che riferiva — cinque giorni dopo la strage — di «aver visto, intorno all'ora della mattanza, due persone di fronte alla corte di via Diaz dove, dopo gli omicidi, era stato appiccato il fuoco». Il giorno di Natale, tale Chemcoum era tornato dai Carabinieri raccontando di «aver visto "un tunisino e un italiano" con "una berretta", voci che gridavano "assassino" e "aiutatemi", di un uomo dal "passo affrettato" che gli pareva un "matto" e di "benzina". Il tunisino indicò addirittura una delle persone viste, senza farne il nome, come "il fratello della morta" e cioè di Raffaella Castagna, moglie di Azouz».

Gli avvocati presentano un'istanza per chiedere nuovi accertamenti, ma le procure di Como e Brescia si dichiarano "non competenti". Nell'aprile del 2017 la Cassazione ammette il riesame di sette elementi di prova presso la corte d'appello di Brescia concedendo a tale corte la facoltà di effettuare un incidente probatorio. Dopo che il legale chiede la proroga sulla distruzione delle prove, il pubblico ministero chiede invece a luglio la distruzione di tali reperti non esaminati, che viene bloccata però dal tribunale su sollecitazione dell'avvocato dei Romano. Nella mattinata del 12 luglio 2018, sulla base di una ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione, la totalità dei reperti non ancora analizzati, parte di questi, quelli in custodia presso l'Ufficio corpi di reato del Tribunale di Como, vengono conferiti da un cancelliere ad un inceneritore del capoluogo che, contestualmente, ne effettua la distruzione. Una parte dei reperti, in possesso della difesa, è stata conservata presso l'Università di Pavia. In varie sentenze del 2018, la Corte di Cassazione ha ripetutamente rigettato la richiesta di procedere all'esame dei reperti mai analizzati, non ravvisando a tal proposito alcuna utilità o scopo: una delle nuove prove consisteva, ad esempio, in un cellulare Motorola di cui era già nota l'appartenenza, ovvero alla vittima Raffaella Castagna.

Nell'aprile 2023 il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser presenta una nuova richiesta di revisione del processo, sostenendo che la deposizione del testimone Mario Frigerio non fosse attendibile, che le tracce di DNA potessero essere dovute a contaminazione avvenuta durante le indagini, e che le confessioni dei coniugi Romano contenessero un numero troppo elevato di errori per essere credibili.

A luglio la procuratrice generale Francesca Nanni comunica di aver deciso di non porre seguito all'istanza e muove un procedimento disciplinare contro Tarfusser in quanto in base al documento organizzativo dell'ufficio solo l'avvocato generale e il procuratore generale erano titolati alla richiesta di revisione.

Le vittime

  • Paola Galli (57 anni), madre di Raffaella Castagna e suocera di Azouz Marzouk
  • Raffaella Castagna (30 anni), moglie di Azouz Marzouk
  • Youssef Marzouk (2 anni), figlio di Raffaella Castagna e di Azouz Marzouk
  • Valeria Cherubini (55 anni), vicina di casa e moglie di Mario Frigerio

La strage di Erba nella cultura di massa

Podcast

  • Indagini: Erba, 11 dicembre 2006 (2022), podcast in due puntate a cura di Stefano Nazzi
  • DPEN Crimini: La strage di Erba (2021), podcast in quattordici puntate a cura di Luca Pallavidino
  • Demoni Urbani: La repubblica di Rosa e Olindo (2020), podcast de Gli Ascoltabili a cura di Gianluca Chinnici e Giuseppe Paternò Raddusa

Influenze nella cultura di massa

Alla vicenda sono state dedicate: la 15ª puntata della quarta stagione della serie televisiva R.I.S. - Delitti imperfetti, andata in onda su Canale 5; la prima puntata della prima stagione della serie Tutta la verità, andata in onda sul canale Nove; la 23ª puntata dell'ottava stagione della serie televisiva La Squadra, andata in onda su Raitre; l'87ª puntata di Storie maledette, in edizione speciale, andata in onda su Raitre con ospiti Pietro e Beppe Castagna (figli, fratelli e zii delle vittime). Inoltre, alla strage sono stati dedicati più episodi de Le Iene presentano: Inside, condotto dal giornalista Antonino Monteleone che negli anni si è occupato del caso.

Olindo e Rosa vengono citati nei seguenti brani:

Note

    Sentenze
    Altre fonti
  • ^ a b c Anna Campaniello, Strage di Erba: «La Corte europea non cambierà il finale», in Corriere di Como, 14 settembre 2012. URL consultato il 20 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2019).
  • ^ a b Erba, Olindo e Rosa lavorano su revisione, in ANSA, 20 marzo 2013. URL consultato il 20 marzo 2019 (archiviato il 20 febbraio 2019).
  • ^ Ergastolo definitivo per Olindo e Rosa., in Il Giornale, 13 luglio 2018. URL consultato il 3 gennaio 2022.
  • ^ Strage di Erba, Azouz Marzouk condannato per diffamazione: dovrà risarcire i fratelli Castagna, in La Repubblica, 7 marzo 2023. URL consultato il 13 aprile 2023.
  • ^ Sentenza numero 170/1984 della Corte Costituzionale: giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del DPR 22 settembre 1978, n. 695 (Modificazioni alle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali di importazione della Repubblica Italiana), in riferimento agli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma, su giurcost.org.
  • ^ Lex posterior derogat priori, su federica.unina.it.
  • ^ Sentenza della corte del 15 luglio 1964 - Flaminio Costa contro l'ENEL - (domanda di pronunzia pregiudiziale, proposta dal giudice conciliatore di Milano) - causa 6/64, su eur-lex.europa.eu.
  • ^ Sentenza Frontini: sentenza 183/1970 in merito ai giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 14 ottobre 1957, n. 1203, che ha reso esecutivo in Italia il Trattato istitutivo della Comunità economica europea, su giurcost.org.
  • ^ Ricorso alla CEDU - Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, su cittadinanzattiva.it. URL consultato il 19 maggio 2019.
  • ^ Strage di Erba, Marzouk parla in esclusiva: «Non sono loro i colpevoli», in Libero, 3 dicembre 2013. URL consultato il 20 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 20 agosto 2015).
  • ^ Strage di Erba, la nuova verità di Azouz: «Olindo e Rosa sono innocenti, voglio i colpevoli», in TGcom24, 11 dicembre 2012. URL consultato il 20 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2019).
  • ^ Felice Manti, «Strage di Erba, Olindo e Rosa innocenti»: torna il superteste che può riaprire il caso, in Il Giornale, 13 agosto 2013. URL consultato il 20 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2019).
  • ^ Gabriele Moroni, Strage di Erba, identificato il testimone che scagionerebbe Olindo e Rosa, in Il Giorno, 27 novembre 2013. URL consultato il 20 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 28 giugno 2016).
  • ^ a b Felice Manti, Strage di Erba, riappare un altro teste che scagionerebbe gli assassini, in Il Giornale, 3 settembre 2013. URL consultato il 20 febbraio 2019 (archiviato il 20 agosto 2015).
  • ^ Strage di Erba, le ultime novità dopo l'istanza respinta, su cronacaedossier.it. URL consultato il 13 febbraio 2019.
  • ^ Strage di Erba, hanno bruciato i reperti prima della sentenza della Cassazione, in LiberoQuotidiano.it, 7 agosto 2018. URL consultato l'8 agosto 2018.
  • ^ Strage di Erba, l'ipotesi sconvolgente, su Blitz quotidiano, 19 ottobre 2018. URL consultato il 13 febbraio 2019.
  • ^ Michela Becciu, Strage di Erba Rosa e Olindo reperti: fine delle speranze, arrivato un altro ‘no’ del tribunale, su UrbanPost, 30 aprile 2019. URL consultato il 9 gennaio 2024 (archiviato il 20 aprile 2023).
  • ^ Strage di Erba, cosa accade adesso dopo la richiesta di revisione del processo: ecco l'iter, su Il Fatto Quotidiano, 16 aprile 2023. URL consultato il 3 dicembre 2023.
  • ^ Strage di Erba: a marzo si decide per la revisione del processo - Notizie - Ansa.it, su Agenzia ANSA, 9 gennaio 2024. URL consultato il 18 febbraio 2024.
  • ^ Strage di Erba, la Procura generale non manderà a Brescia la richiesta di revisione del sostituto pg Tarfusser, su La Stampa, 19 luglio 2023. URL consultato il 31 dicembre 2023.
  • ^ Indagini - Erba, 11 dicembre 2006 – Prima parte, su Il Post, 1º maggio 2022. URL consultato il 3 giugno 2022.
  • ^ La Repubblica di Rosa e Olindo, su Gli ascoltabili. URL consultato il 20 gennaio 2023.
  • ^ Tutta la verità, in esclusiva sul Nove la serie che racconta i più controversi casi di cronaca del nostro paese: da Erba ad Avetrana, in Il Fatto Quotidiano, 10 aprile 2018. URL consultato il 3 gennaio 2022.
  • ^ IMMANUEL CASTO: guarda il video di "Killer Star" il nuovo singolo!, su rockrebelmagazine.com, Rock Rebel Magazine, 19 settembre 2011. URL consultato il 5 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2015).
  • ^ Lewandowski II, su youtube.com, 30 giugno 2016. URL consultato il 3 gennaio 2022.
  • Bibliografia

    • Pino Corrias, Vicini da morire. La strage di Erba e il Nord Italia divorato dalla paura, Milano, Mondadori, 2007, ISBN 978-88-04-57300-5.
    • Felice Manti ed Edoardo Montolli, Il grande abbaglio, Aliberti, 2008.
    • Edoardo Montolli, L'enigma di Erba, RCS, 2010
    • Paolo Moretti e Stefano Ferrari Trenta passi. La vera storia della strage di Erba, 2010
    • Cristiana Cimmino Finché morte non ci separi. Olindo Romano e Rosa Bazzi visti da vicino, La Riflessione, 2010
    • Stefania Panza e Paola D'Amico, Una strage imperfetta. Erba, analisi di un delitto, TuttiAutori, 2011. ISBN 978-88-488-1219-1
    • Luca Steffenoni, Nera. Come la cronaca cambia i delitti. Casa editrice San Paolo, 2011, ISBN 978-88-215-7198-5
    • Roberta Bruzzone, Chi è l'assassino. Diario di una criminologa, Mondadori, 2013, ISBN 9788804613046.
    • Andrea Jelardi, Bianco, Rosso e...Giallo. Piccoli e grandi delitti e misteri italiani in venticinque anni di cronaca nera (1988-2013), Napoli, Kairòs, 2014, ISBN 978-88-98029-87-7.

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