Atlantide (AFI: /aˈtlantide/; in greco antico: Ἀτλαντὶς νῆσος?, Atlantìs nêsos, isola di Atlante) è un'isola leggendaria, il cui mito è menzionato per la prima volta nel IV secolo a.C.
Vedere l'alfabeto fonetico internazionale." class="duhoc-it IPA">/aˈtlantide/; in greco antico: Ἀτλαντὶς νῆσος?, Atlantìs nêsos, "isola di Atlante") è un'isola leggendaria, il cui mito è menzionato per la prima volta nel IV secolo a.C. da Platone nei dialoghi Timeo (17a-27b) e Crizia.
Secondo il racconto di Platone, oltre le Colonne d'Ercole ci sarebbe stata una serie di piccole isole che attraversavano un immenso mare fino a un grande continente a dirimpetto nel quale prosperava una potenza marittima denominata Atlantide che avrebbe conquistato anche molte parti mediterranee dell'Europa occidentale fino all'Etruria a nord e del Nordafrica fino all'Egitto a sud, novemila anni prima del tempo di Solone (cioè approssimativamente nel 9600 a.C.). Dopo avere fallito l'invasione di Atene, Atlantide sarebbe sprofondata "in un singolo giorno e notte di disgrazia" per opera di Poseidone. Il nome dell'isola-continente deriva da quello di Atlante, leggendario governatore dell'oceano Atlantico, figlio di Poseidone, che sarebbe stato anche, secondo Platone, il primo re della potenza marittima. La descrizione geografica apparentemente indica oltre all'isola Atlantide anche l'America, citata come un vero continente circondato da un vero mare, in contrapposizione al mar Mediterraneo, definito "un porto di angusto ingresso".
Essendo una storia funzionale ai dialoghi di Platone, Atlantide è generalmente vista come un mito concepito dal filosofo greco per illustrare le proprie idee politiche. Benché la funzione di Atlantide sembri chiara alla maggior parte degli studiosi, essi disputano su quanto e come il racconto di Platone possa essere ispirato da eventuali tradizioni più antiche. Alcuni argomentano che Platone si basò sulla memoria di eventi passati, come l'eruzione vulcanica di Thera o la guerra di Troia, mentre altri insistono che trasse ispirazione da eventi contemporanei, come la distruzione di Elice nel 373 a.C. o la fallita invasione ateniese della Sicilia nel 415-413 a.C.
La possibile esistenza di un'autentica Atlantide venne attivamente discussa durante l'antichità classica, ma fu generalmente rigettata e occasionalmente parodiata da autori posteriori. Quasi ignorata nel Medioevo, la storia di Atlantide fu riscoperta dagli umanisti nell'era moderna. La descrizione di Platone ha ispirato le opere utopiche di numerosi scrittori rinascimentali, come La nuova Atlantide di Bacone. Al tema sono state dedicate alcune migliaia di libri e saggi. Atlantide ispira la letteratura contemporanea, soprattutto quella fantasy, ma anche la fantascienza, i fumetti, i film e i videogiochi, essendo divenuta sinonimo di ogni e qualsiasi ipotetica civiltà perduta nel remoto passato.
I dialoghi di Platone Timeo e Crizia, scritti intorno al 360 a.C., contengono i primi riferimenti ad Atlantide. Platone introduce Atlantide nel Timeo (17-27):
«Davanti a quella foce che viene chiamata, come dite, Colonne d'Eracle, c'era un'isola. Tale isola, poi, era più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente che stava dalla parte opposta, intorno a quello che è veramente mare. (24E-25A) [...] In tempi successivi, però essendosi verificati terribili terremoti e diluvi, nel corso di un giorno e di una notte, tutto il complesso dei vostri guerrieri di colpo sprofondò sotto terra, e l'Isola di Atlantide, allo stesso modo sommersa dal mare, scomparve. (25C-D)»
I quattro personaggi che compaiono in entrambi i dialoghi di Platone sono due filosofi, Socrate e Timeo di Locri, e due politici, Ermocrate e Crizia, benché il solo Crizia parli di Atlantide. Nelle sue opere Platone fa ampio uso dei dialoghi socratici per discutere di posizioni contrarie nel contesto di una supposizione.
Nel Timeo, all'introduzione segue un resoconto della creazione e della struttura dell'universo e delle antiche civiltà. Nell'introduzione Socrate riflette sulla società perfetta, già descritta in Platone nella Repubblica (c. 380 a.C.), chiedendo se lui e i suoi ospiti possano ricordare una storia che esemplifica tale società. Crizia menziona un racconto storico che presumibilmente avrebbe costituito l'esempio perfetto e prosegue descrivendo Atlantide, come riportato nel Crizia. Nel suo racconto, l'antica Atene sembra costituire la "società perfetta" e Atlantide la sua avversaria, che rappresentano l'antitesi dei tratti "perfetti" descritti nella Repubblica.
Secondo Crizia, le antiche divinità divisero la Terra in modo che ogni dio potesse avere un lotto; a Poseidone fu lasciata, secondo i suoi desideri, l'isola di Atlantide. L'isola era più grande dell'antica Libia (Nord Africa) e dell'Asia Minore (Anatolia) messe assieme, ma in seguito venne affondata da un terremoto e diventò un banco di fango impraticabile, impedendo di viaggiare in qualsiasi parte dell'oceano. Gli Egiziani, affermava Platone, descrivevano Atlantide come un'isola composta per lo più di montagne nella parte settentrionale e lungo la costa, "mentre tutt'intorno alla città vi era una pianura, che abbracciava la città ed era essa stessa circondata da monti che discendevano fino al mare, piana e uniforme, tutta allungata, lunga tremila stadi [circa 555 km] sui due lati e al centro duemila stadi [circa 370 km] dal mare fin giù. [...] a una distanza di circa cinquanta stadi [9 km], c'era un monte, di modeste dimensioni da ogni lato [...] L'isola, nella quale si trovava la dimora dei re, aveva un diametro di cinque stadi" [circa 0,92 km].
Nel Timeo si racconta di come Solone, giunto in Egitto, fosse venuto a conoscenza da alcuni sacerdoti egizi di un'antica battaglia avvenuta tra gli Atlantidei e gli antenati degli Ateniesi, che avrebbe visto vincenti i secondi. Secondo i sacerdoti, Atlantide era una monarchia assai potente, con enormi mire espansionistiche. Situata geograficamente oltre le Colonne d'Ercole, politicamente controllava l'Africa fino all'Egitto e l'Europa fino all'Italia. Proprio nel periodo della guerra con gli Ateniesi un immenso cataclisma fece sprofondare l'isola nell'oceano, distruggendo per sempre la civiltà di Atlantide.
Nel dialogo successivo, il Crizia, rimasto incompiuto, Platone descrive più nel dettaglio la situazione geopolitica di Atlantide, collocando il tutto novemila anni prima.
Crizia racconta che il dio Poseidone s'innamorò di Clito, una fanciulla dell'isola, e «recinse la collina dove ella viveva, alternando tre zone di mare e di terra in cerchi concentrici di diversa ampiezza, due erano fatti di terra e tre d'acqua», rendendola inaccessibile agli uomini, che all'epoca non conoscevano la navigazione. Rese inoltre rigogliosa la parte centrale, occupata da una vasta pianura, facendovi sgorgare due fonti, una di acqua calda e l'altra di acqua fredda. Poseidone e Clito ebbero dieci figli, il primo dei quali, Atlante, sarebbe divenuto in seguito il governatore dell'impero. La civiltà atlantidea divenne una monarchia ricca e potente e l'isola fu divisa in dieci zone, ognuna governata da un figlio del dio del mare e dai relativi discendenti. La terra generava beni e prodotti in abbondanza, e sull'isola sorgevano porti, palazzi reali, templi e altre maestose opere. Al centro della città vi era il santuario di Poseidone e Clito, lungo uno stadio (177 metri), largo tre pletri e alto in proporzione, rivestito di argento al di fuori e di oricalco, oro e avorio all'interno, con al centro una statua d'oro di Poseidone sul suo cocchio di destrieri alati, che arrivava a toccare la volta del tempio.
Ognuno dei dieci re governava la propria regione di competenza, e tutti erano legati gli uni agli altri dalle disposizioni previste da Poseidone e incise su una lastra di oricalco posta al centro dell'isola, attorno a cui si riunivano per prendere decisioni che riguardavano tutti. Crizia descrive anche il rituale da eseguire prima di deliberare, che prevedeva una caccia al toro armati solo di bastoni e una libagione con il sangue dell'animale ucciso, seguita da un giuramento e da una preghiera. La virtù e la sobrietà dei governanti durò per molte generazioni, finché il carattere umano ebbe il sopravvento sulla loro natura divina. Caduti preda della bramosia e della cupidigia, gli abitanti di Atlantide si guadagnarono l'ira di Zeus, il quale chiamò a raccolta gli dei per deliberare sulla loro sorte.
Le notizie che Platone narra di Atlantide provengono molto probabilmente dalla tradizione greca, da Creta e forse dall'Egitto e da altre fonti a noi perdute, il tutto reinterpretato letterariamente dal filosofo.
È anzitutto evidente il punto di vista da cui viene narrato il mito, che pone al centro la città di Atene, simbolo di sobrietà e rigore, ma oltre all'immediato paragone con la polis corrotta dell'epoca di Platone, è riscontrabile nel dialogo una proposta utopica, che si esprime nella contrapposizione delle due città, a cui corrispondono due diverse concezioni del modello divino.
Sia l'Atene primitiva, suddivisa in aree da coltivare e abitata da contadini e artigiani, sia la ricca e potente Atlantide sono infatti rappresentazioni del modello divino tratteggiato nel Timeo, cui la città "storica" deve guardare nella sua organizzazione politica ed economica; la loro decadenza invece, sentenziata da cataclismi naturali e, nel caso di Atlantide, dovuta alla cupidigia degli uomini, è un palese richiamo alla corruzione degli Stati già descritta nella Repubblica. In analogia con la struttura del Timeo, la seconda parte del Crizia avrebbe dovuto descrivere la realtà intermedia tra il logos e il disordine, con un chiaro riferimento alla situazione delle poleis nel decennio tra il 360 e il 350 a.C., caratterizzata da scontri tra un centro e l'altro per il controllo dei traffici commerciali: decaduta anch'essa dopo la scomparsa della città rivale, l'Atene del mito avrebbe potuto salvarsi dall'inesorabile declino solo rivolgendosi a leggi ispirate al bene.
Al di fuori dei dialoghi Timeo e Crizia di Platone, non esistono testimonianze concrete su Atlantide. Nonostante alcuni nell'antichità avessero ritenuto un fatto storico il racconto riportato da Platone, il suo allievo Aristotele non diede peso alla cosa, liquidandola come un'invenzione del maestro. Ad Aristotele è infatti attribuita la frase "L'uomo che l'ha sognata, l'ha anche fatta scomparire."
Alcuni autori antichi videro Atlantide come frutto dell'immaginazione, mentre altri credettero fosse reale. Il primo commentatore di Platone, il filosofo Crantore da Soli, allievo di Senocrate, a sua volta allievo di Platone, è spesso citato come esempio di autore che ritenne la storia un fatto autentico, in quanto gli fu riferito di cronache su Atlantide scritte sulle stele dell'antico tempio di Sais in Egitto. Proclo riferisce in proposito:
«Con tutto il rispetto per l'intero racconto di Atlantide, alcuni affermano che è storia vera: questa é l'opinione di Crantore, il primo commentatore di Platone, il quale sostiene che il filosofo venne deriso dai suoi contemporanei per non essere lui l'inventore della Repubblica, essendosi sempre limitato a trascrivere ciò che gli Egiziani avevano scritto sull'argomento. [...] Crantore aggiunge che questo è confermato dai profeti degli Egiziani, i quali affermano che i particolari, così come li ha narrati Platone, sono incisi su alcune colonne che si conservano ancora.»
L'opera di Crantore, un commento al Timeo di Platone, è perduta, ma essa ci è nota grazie alla suddetta testimonianza di Proclo, che ne scrisse sette secoli dopo. Un altro filosofo dell'antichità che credette nell'esistenza del luogo mitico citato da Platone fu Posidonio di Rodi (II-I secolo a.C.), secondo quanto riferisce Strabone.
Il racconto di Platone sull'Atlantide può inoltre avere ispirato imitazioni parodiche: scrivendo solo pochi decenni dopo il Timeo e Crizia, lo storico Teopompo di Chio narrò di una terra in mezzo all'oceano conosciuta come Meropide (ovvero terra di Merope). Questa descrizione era inclusa nel libro VIII della sua voluminosa Filippica, che contiene un dialogo tra re Mida e Sileno, un compagno di Dioniso. Sileno descrive i Meropidi, una razza di uomini che crescevano al doppio dell'altezza normale e abitavano due città sull'isola di Meropis (Cos?): Eusebes (Εὐσεβής, "città pia") e Machimos (Μάχιμος, "città combattente"). Egli inoltre scrive che un'armata di dieci milioni di soldati attraversarono l'oceano per conquistare Iperborea, ma abbandonarono tale proposito quando si resero conto che gli Iperborei erano il popolo più fortunato del mondo. Heinz-Günther Nesselrath ha argomentato che questi e altri dettagli della storia di Sileno sono intesi come imitazioni ed esagerazioni della storia di Atlantide, allo scopo di esporre al ridicolo le idee di Platone.
Zotico, un filosofo neoplatonico del III secolo d.C., scrisse un poema epico basato sul racconto di Platone.
Diodoro Siculo (I secolo a.C.) - confermato sostanzialmente da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) - collocava la capitale di Atlantide a Kerne, avamposto cartaginese sulla costa atlantica dell'Africa fondato da Annone il Navigatore: probabilmente nel Río de Oro, ex Sahara spagnolo.
Lo storico romano del IV secolo d.C. Ammiano Marcellino, dissertando sulle perdute opere di Timagene, uno storico attivo nel I secolo a.C., scrive che i Druidi della Gallia riferirono che parte degli abitanti di quella terra erano migrati lì da isole lontane. Alcuni hanno inteso che si parlasse di sopravvissuti di Atlantide giunti via mare nell'Europa occidentale, ma Ammiano in realtà parla di "isole e terre oltre il Reno", un'indicazione che gli immigrati in Gallia vennero dal Nord (Britannia, Olanda o Germania). Secondo Diodoro Siculo, comunque, i Celti che venivano dall'oceano adoravano gli dei gemelli Dioscuri che apparvero loro provenienti dall'oceano.
Durante il Medioevo l'argomento fu pressoché ignorato. Un trattato ebraico sull'astronomia computazionale datato al 1378-1379, apparentemente una parafrasi di una precedente opera islamica a noi ignota, allude al mito di Atlantide in una discussione concernente la determinazione dei punti zero per il calcolo della longitudine.
Riscoperta dagli umanisti nell'era moderna, la storia di Platone ha ispirato le opere utopiche di numerosi scrittori dal Rinascimento in poi. La scoperta dell'America, inoltre, pose subito il problema di una qualche sua conoscenza previa, e dunque anche il problema della discendenza e dell'origine della umanità americana del tutto inaspettata nella cultura europea dell'epoca.
Bartolomé de Las Casas sostenne che la stessa impresa di Cristoforo Colombo era stata sollecitata dal desiderio di vagliare il mito dell'esistenza di Atlantide. Nel capitolo ottavo della sua Historia de las Indias, Las Casas scriveva che Colombo sperava di raggiungere le Indie anche appoggiandosi a isole che erano ciò che restava del mitico continente. In generale, con la scoperta dell'America il mito platonico venne utilizzato, con indirizzi diversi, per rispondere alla questione della legittimità dei possedimenti coloniali, nonché al problema dell'inquadramento storico delle popolazioni native. Agustín de Zárate (1514-1560; Historia del descubrimiento y conquista de la provincia del Perú, 1555) opinò che il racconto platonico andasse preso alla lettera e che, di conseguenza, Francisco Pizarro derivasse la propria autorità di governatore del Perù dalla corona spagnola e non da una cessione di diritti da parte dei capi indigeni. Ammettere l'autenticità del continente di Atlantide significava infatti concepire la possibilità di un passaggio, tramite esso, dei discendenti di Noè dall'Europa all'America. Viceversa, Francisco López de Gómara (1511-1566; Historia general de las Indias, 1552-1553), nell'intento di difendere la legittimità delle conquiste messicane di Hernán Cortés, identificava Atlantide con il Nuovo Mondo. Infatti, su terre così antiche poteva vantare un diritto dinastico solo chi le aveva conquistate. In tal modo, però, l'origine delle popolazioni che le abitavano risultava scarsamente ricollegabile al ceppo di Adamo ed Eva, e ciò lasciava spazio a un pericoloso poligenismo.
La nuova Atlantide di Francesco Bacone del 1627 descrive una società utopica, chiamata Bensalem, collocata al largo della costa occidentale americana. Un personaggio del libro sostiene che la popolazione proveniva da Atlantide, fornendo una storia simile a quella di Platone e collocando Atlantide in America. Non è chiaro se Bacone intendesse l'America settentrionale o quella meridionale.
Lo scienziato Olaus Rudbeck (1630–1702) scrisse nel 1679-1702 Atlantica (Atland eller Manheim), un lungo trattato dove sostenne come la propria patria, la Svezia, fosse la perduta Atlantide, la culla della civiltà, e come lo svedese fosse la lingua di Adamo da cui si sarebbero evoluti il latino e l'ebraico.
The Chronology of the Ancient Kingdoms Amended (1728, postumo) di Isaac Newton studia una varietà di collegamenti mitologici con Atlantide.
Verso la fine del Settecento l'astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly tornò a parlare di Atlantide, nelle sue opere più importanti, tra cui l′Histoire de l'astronomie ancienne (1775) e le Lettres sur l'Atlantide de Platon (1779). Egli unì la tradizione di Atlantide al mito di Iperborea, una leggendaria civiltà nordica di cui Erodoto e altri storici antichi avevano lasciato delle testimonianze. Bailly sosteneva infatti la tesi secondo cui un'Atlantide nordica fosse la civiltà originaria del genere umano, che essa avesse inventato le arti e le scienze e che avesse "civilizzato" i Cinesi, gli Indiani, gli Egizi e tutti i popoli dell'antichità. Egli posizionò questo popolo primordiale nel lontano nord dell'Eurasia, nell'isola di Spitzbergen, nei pressi della Siberia, argomentando che quelle dovevano essere state le prime terre abitabili quando la Terra, originariamente incandescente e inospitale alla vita secondo le ipotesi paleoclimatiche teorizzate da Buffon e Mairan, aveva incominciato a raffreddarsi. Il costante raffreddamento della Terra le aveva però, successivamente, rese inabitabili e aveva seppellito l'ancestrale territorio di questa civiltà sotto delle lastre di ghiaccio, in modo da perdere completamente le tracce degli Atlantidei, e obbligando i loro discendenti a spostarsi più a sud per colonizzare le altre zone del globo.
Alla metà e nel tardo Ottocento numerosi rinomati studiosi mesoamericani, a partire da Charles-Etienne Brasseur de Bourbourg, tra i quali Edward Herbert Thompson e Augustus Le Plongeon proposero l'idea che Atlantide fosse in qualche maniera correlata alla civiltà maya e alla cultura azteca.
La pubblicazione nel 1882 di Atlantis: the Antediluvian World di Ignatius Donnelly stimolò un notevole interesse popolare per Atlantide. Donnelly prese seriamente il resoconto di Platone su Atlantide e tentò di stabilire che tutte le antiche civiltà conosciute discendessero da questa progredita cultura del Neolitico.
Negli antichi geroglifici del Tempio di Edfu dedicato al dio Horus é presente un racconto analogo alla leggendaria Atlantide, descritta da Platone nel Timeo e nel Crizia, basata su un'antica tradizione storica egizia udita dal suo lontano parente Solone. Le iscrizioni riportano ad un periodo arcaico, chiamato "Età degli dei primordiali". Questi dei non erano originariamente egizi, ma vivevano su un'isola sacra, la "Patria dei Primordiali", nel mezzo di un grande oceano. In seguito, in un momento non specificato del passato un cataclisma con inondazioni e incendi colpì l'isola, dove vi erano le «più antiche dimore degli dei», distruggendola e uccidendo la maggior parte dei suoi divini abitanti. Le iscrizioni descrivono che il primo dio originario che governò l'isola era una «divinità morta, il Ka», che viene descritto come il "Dio della Terra". Il termine "Ka" si trova nel papiro Leningrad 1115 del Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo, risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.), che contiene un racconto in prosa, noto come Il racconto del naufrago.
L'isola era conosciuta anche come la "Casa di Ka", e che «questo Ka che abitava tra i canneti dell'isola». In particolare, nei geroglifici del tempio di Horus si legge di un canale circolare pieno d'acqua, che circondava il territorio sacro originario che si trovava al centro dell'isola, un anello d'acqua che aveva lo scopo di rafforzare e proteggere tale luogo consacrato Ciò é un parallelo diretto con Atlantide, dove il territorio sacro nel quale si ergeva il tempio e il palazzo del dio Poseidone era circondato da un anello d'acqua, posto al centro di altri anelli concentrici separati da anelli di terra, con lo scopo di fortificare e proteggere. Vi é anche un'altra correlazione tra l'inondazione dell'isola di Atlantide, replicato nell'inondazione della Patria dei Primordiali descritta nei testi del tempio di Edfu: «così violento che distrusse la sacra terra… L'acqua primordiale… sommerse l'isola… e l'isola divenne la tomba degli abitanti divini originari…… La Patria finì nell'oscurità al di sotto delle acque primordiali». Anche in questo caso é presente una somiglianza con l'opera di Platone che ci narra di "terremoti e inondazioni di straordinaria violenza", citando i famosi passi «in un giorno e una notte terribili… l'isola di Atlantide venne… inghiottita dal mare e scomparve». Dopo il cataclisma essi «videro solo delle canne che galleggiavano sulla superficie dell'acqua». Vi era anche una grande quantità di fango, una scena che ricorda la descrizione dell'area attorno Atlantide dopo l'inondazione: «quell'area di mare é inaccessibile, essendo la navigazione impedita dal fango presente nei bassifondi, uniche vestigia dell'isola sprofondata».
Nel corso della fine dell'Ottocento le idee sulla natura leggendaria di Atlantide si combinarono con storie di altre ipotetiche "terre perdute" nate nel frattempo come Mu e Lemuria. La teosofa Helena Blavatsky, riprendendo parzialmente e sviluppando le tesi di Bailly, scrisse nel suo libro La dottrina segreta (1888) le informazioni contenute in un antico manoscritto perduto intitolato Le Stanze di Dzyan, tra cui le storie degli Atlantidei nordici che sarebbero stati eroi culturali (mentre Platone li descrive dediti principalmente alle arti militari), e che erano la quarta "razza radicale" (Root Race) dopo quella polare, iperborea e lemurica, a cui sarebbe ora succeduta la quinta e attuale "razza ariana": questa sarebbe dunque composta da persone che avrebbero già vissuto, in vite precedenti, su quel continente remoto.
Le rivelazioni della Blavatsky e di altri teosofi come Annie Besant, Charles Webster Leadbeater, Rudolf Steiner, derivanti da indagini occulte nell'akasha condotte tramite presunte capacità chiaroveggenti, contribuirono a diffondere una concezione di Atlantide come del luogo primordiale della sapienza e della civiltà umane. Tra i punti in comune delle loro tesi vi era la suddivisione della razza atlantidea in sette sotto-razze, a cui corrispondono sette epoche di sviluppo e di progressiva evoluzione del genere umano. Esse sono:
Le prime tre razze furono definite rosse, le altre quattro invece bianche. Da un piccolo gruppo della quinta sotto-razza Protosemita, inoltre, il supremo iniziato dell'Oracolo del Sole, conosciuto nella letteratura teosofica come Manu, avrebbe scelto alcuni individui particolarmente progrediti nel pensiero logico per separarli dagli altri e condurli all'interno dell'Asia, dove dare vita alla nuova razza-radicale dell'umanità, quella attuale.
Dopo la scuola teosofica, sarà il sensitivo americano Edgar Cayce a menzionare Atlantide per la prima volta nel 1923, asserendo in seguito che essa era collocata nei Caraibi e proponendo che fosse un'antica civiltà, altamente evoluta, ora sommersa, dotata di forze navali e aeree mosse da una misteriosa forma di cristallo di energia. Egli predisse inoltre che delle parti di Atlantide sarebbero riemerse nel 1968 o 1969. La Bimini Road, una formazione rocciosa sommersa con pietre rettangolari appena al largo di North Bimini Island, è stata descritta come una possibile prova di questa civiltà.
Si è sostenuto che prima del tempo di Eratostene (250 a.C. circa), autori greci avessero collocato le Colonne d'Ercole nello stretto di Sicilia, ma non ci sono prove di tale ipotesi. Secondo Erodoto (c. 430 a.C.) una spedizione fenicia circumnavigò l'Africa con il benestare del faraone Necho II, navigando a sud sotto il mar Rosso e l'oceano Indiano e verso nord nell'Atlantico, facendo ritorno nel Mediterraneo attraverso le Colonne d'Ercole. La sua descrizione dell'Africa nord-occidentale rende molto chiaro che localizzò le Colonne d'Ercole precisamente dove sono oggi. Malgrado questo, la credenza che le Colonne fossero collocate nello stretto di Sicilia prima di Eratostene è stata citata in alcune ipotesi sulla collocazione di Atlantide.
Il concetto di Atlantide attrasse anche i teorici nazisti. La "teoria del ghiaccio cosmico" (1913) di Hanns Hörbiger (1860-1931) aveva infatti conquistato un vasto appoggio popolare in Germania e venne promossa dal regime nazista per le sue implicazioni razziali. Hörbiger riteneva che la Terra fosse soggetta a periodici cataclismi provocati dalla caduta di una serie di corpi celesti che da comete erano diventati satelliti; la sommersione di Atlantide e di Lemuria sarebbero state provocate dalla cattura dell'attuale satellite della Terra, la Luna. I periodi di avvicinamento dei satelliti avrebbero provocato (per diminuzione della gravità) la nascita di stirpi di giganti di cui parlano la varie mitologie. Alfred Rosenberg (Mito del XX secolo, 1930) parlò di una razza dominante "nordico-atlantiana" o "ariano-nordica". Nel 1938 l'alto ufficiale Heinrich Himmler (allora capo supremo delle forze dell'ordine del Terzo Reich) organizzò una ricerca in Tibet allo scopo di trovare le spoglie degli Atlantidei bianchi. Julius Evola, in Rivolta contro il mondo moderno (1934), riprendendo chiaramente le tesi di Bailly, identifica in Atlantide uno dei molti riferimenti presenti nelle opere antiche alla sede iperborea, luogo d'origine di esseri "più che umani" regnanti durante l'età dell'oro, a sua volta ritenuta essere il polo nord, ancora non colpito da un clima rigido, ma anzi regione definita "solare".
Da quando la deriva dei continenti divenne largamente accettata nel corso degli anni sessanta, la popolarità di buona parte delle teorie sul "continente perduto" di Atlantide incominciò a svanire, mentre si cominciava ad accettare ampiamente la natura immaginaria degli elementi della storia di Platone. La studiosa di Platone Julia Annas ha avuto modo di dire al riguardo:
«La continua industria della scoperta di Atlantide illustra il pericolo di leggere Platone. Perché egli sta chiaramente usando quello che divenne un meccanismo narrativo tipico nelle opere di fantasia: stirare la storicità di un evento (e la scoperta di autorità fino ad ora sconosciute) come un'indicazione di ciò che segue nell'opera d'immaginazione. L'idea è che dovremmo utilizzare la storia per esaminare le nostre idee sul governo e sul potere. Abbiamo sbagliato sulla questione se invece di pensare a questi temi usciamo ad esplorare il fondo marino. Il continuo fraintendimento di Platone come storico ci permette qui di vedere perché la sua diffidenza sulla scrittura d'immaginazione è talvolta giustificata.»
Kenneth Feder fa notare che la storia di Crizia nel Timeo fornisce un indizio importante. Nel dialogo, Crizia dice, riferendosi alla società ipotetica di Socrate:
«(…) mentre ieri tu parlavi dello Stato e degli uomini che delineavi, rimanevo meravigliato richiamando alla memoria proprio le cose che ora ho raccontato e osservando che per una incredibile coincidenza avevi in gran parte perfettamente aderito con quelle cose che disse Solone.»
Feder cita Alfred Edward Taylor, che scrive «Non ci potrebbe essere detto in modo più chiaro che l'intera narrazione della conversazione di Solone con i sacerdoti e la sua intenzione di scrivere il poema su Atlantide sono un'invenzione dell'immaginazione di Platone».
L'esoterista Rudolf Steiner scrisse in merito ad Atlantide come del quarto grande periodo di evoluzione della Terra, precedente quello attuale. Egli la descrisse come un continente perennemente immerso dentro nebbie e vapori, per la costante presenza di anime in procinto di incarnarsi, e situabile all'incirca dove oggi si trova l'oceano Atlantico; le isole Canarie rappresenterebbero l'ultimo avamposto sopravvissuto dopo che esso sprofondò nel mare.
Gli Atlantidei avrebbero posseduto facoltà di chiaroveggenza oggi scomparse, in virtù del fatto che all'epoca il loro corpo fisico era piuttosto separato dalle altre componenti spirituali. Questa costituzione favoriva la possibilità che entità più progredite si incarnassero nei loro corpi per guidarli come maestri spirituali all'interno delle scuole iniziatiche, cosa che gli arcangeli mettevano in pratica agendo direttamente in questo modo, oppure che facessero la conoscenza di divinità superiori così come oggi si parla con un'altra persona. La percezione delle cose e pertanto il gusto erano diversi, tanto che allora la musica e il canto erano sviluppati su accordi di settima, all'epoca di Steiner ancora considerati da qualcuno come dissonanze da risolvere in consonanze (oggi invece sono di uso comune).
Nei primi tempi, la consistenza particolarmente "molle" del corpo umano consentiva loro, ad esempio, di allungare elasticamente un arto o le dita a loro piacimento, mentre la vista era meno sviluppata, consentendo di vedere gli oggetti con contorni poco definiti. Il pensiero logico non era ancora sviluppato, ma i suoi limiti erano compensati da un'incredibile memoria con cui gli Atlantidei tenevano a mente ogni dato di esperienza. Steiner fa l'esempio della capacità di risolvere semplici calcoli grazie alla memoria esperenziale.
«Il veggente che esaminasse la connessione fra il corpo eterico e quello fisico dell'uomo dell'Atlantide, arriverebbe a una ben strana scoperta. Mentre nell'uomo attuale la testa eterica combacia con una certa approssimazione con la parte fisica della testa, sporgendone appena un poco, la testa eterica di un uomo dell'Atlantide si protendeva molto al di sopra di quella fisica; con più precisione, sporgeva di molto la parte frontale della testa eterica. Esiste un punto nel cervello fisico, fra le sopracciglia e circa un centimetro all'interno, cui corrisponde oggi un punto nella testa eterica. Negli Atlantidei quei due punti erano ancora molto distanti l'uno dall'altro, e l'evoluzione consistette appunto nel riavvicinarli sempre di più. Nel quinto periodo atlantico il punto della testa eterica si avvicinò al cervello fisico, e per il fatto che i due punti combaciavano si svilupparono alcune caratteristiche dell'umanità attuale: il calcolare, il contare, la facoltà di giudizio e in genere la capacità di formare concetti, l'intelligenza. Prima gli Atlantidei avevano solo una memoria sviluppatissima, ma non ancora la facoltà di connettere i pensieri, e qui abbiamo proprio l'inizio della coscienza dell'io.»
Un retaggio del modo in cui appariva un individuo di Atlantide, con la parte eterica della testa più evoluta, sovrastante l'aspetto fisico ancora animalesco, secondo Steiner sarebbe visibile tuttora nelle sculture delle Sfingi dell'antico Egitto: la Sfinge rappresenterebbe lo sviluppo incompiuto dell'essere umano, il cui corpo attende di essere modellato dalla testa già compiuta. Gli Atlantidei vivevano a stretto contatto con la natura, le stesse abitazioni erano formate da oggetti naturali trasformati. L'uomo viveva in piccoli gruppi con un forte senso gerarchico dell'autorità e tenuti assieme da affinità di sangue. Essi possedevano dei veicoli che sfruttavano la combustione delle piante con cui trasformavano la forza vitale in energia in grado di far volare i velivoli. Tuttavia le condizioni in cui si realizzavano tali possibilità tecniche sarebbero state diverse da oggi in quanto sia la densità dell'aria sia la fluidità dell'acqua erano diverse e pertanto di difficile riproducibilità oggi.
Atlantide sarebbe stata distrutta da catastrofi idriche e glaciali, tuttavia gruppi di Atlantidei sopravvissero tramite migrazioni partite dalle aree dell'attuale Irlanda verso sud. Steiner inoltre sostenne che un grande iniziato atlantideo scelse gli individui più progrediti ed emigrò in oriente nella regione dell'odierno Tibet.
«La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici...»
Sulla scorta di Aristotele e per la mancanza di fonti prima di Platone, si ritiene in genere che il mito di Atlantide sia solo una finzione letteraria, interamente elaborata dal filosofo greco a partire da riferimenti mitologici e dalle proprie idee politiche e filosofiche. Seppure Atlantide in quanto tale appaia solo raramente nei testi greci o latini (e solo come rielaborazione a partire dal racconto di Platone), miti e leggende di continenti o città sommersi sono ricorrenti e, come quello del diluvio universale, appartengono a numerose antiche civiltà e culture. La tradizione antica è in effetti piena di eventi catastrofici.
Alcuni tuttavia hanno cercato di immaginare Atlantide come un luogo realmente esistito, o quantomeno di identificare gli elementi storici e geografici che possono avere originato il racconto di Platone.
Dai tempi di Donnelly, ci sono state dozzine - o meglio centinaia - di proposte di localizzazione per Atlantide, al punto che il suo nome è divenuto un concetto generico, indipendente dal racconto di Platone. Questo è riflesso dal fatto che, in effetti, molti dei siti proposti non sono affatto nell'ambito dell'oceano Atlantico. Si tratta a volte di ipotesi di accademici o archeologi, mentre altre si devono a sensitivi o ad altri ambiti parascientifici. Molti dei siti proposti condividono alcune delle caratteristiche della storia originale di Atlantide (acque, fine catastrofica, periodo di tempo rilevante), ma nessuno è stato né può essere dimostrato come la "vera" Atlantide storica o platonica.
Le ipotesi sull'effettiva collocazione di Atlantide sono le più svariate. Se è vero che Platone nei suoi due dialoghi parla esplicitamente di "un'isola più grande della Libia e dell'Asia Minore messe insieme" (cioè il Nord Africa conosciuto al tempo e l'Anatolia) oltre le Colonne d'Ercole (che si suppone fossero sullo stretto di Gibilterra), alcuni studiosi, vista l'effettiva difficoltà nell'immaginarsi un'isola-continente nell'Atlantico scomparsa in breve tempo senza lasciare pressoché nessuna traccia, hanno proposto collocazioni alternative.
Secondo lo scrittore Carlos Alberto Bisceglia, Atlantide era una penisola che partiva dal monte Atlante, in Marocco, fino ad arrivare in un territorio compreso tra Sahara Occidentale e Mauritania, bagnata a nord dal Mediterraneo a ovest dall'oceano Atlantico e a est dal fiume Tamanrasett, oggi scomparso. Il palazzo di Poseidone descritto da Platone sarebbe stato identificato nell'"Occhio del Sahara" o "Struttura di Richard", un cratere di cui non si conosce l'origine, dove sono stati trovati nel suo interno fossili di molluschi databili attraverso il radiocarbonio tra il 13 000 a.C. e il 4730 a.C. (tratto dal libro Homo Reloaded)
Dapprima si è pensato all'America, che in effetti è un continente in mezzo all'oceano (Atlantico) che però ai tempi di Platone non era per nulla conosciuto e che, per quanto se ne sappia, non ha conosciuto cataclismi recenti.
Alcuni hanno voluto vedere, male interpretando le mappe turche dell'America meridionale del primo Cinquecento come la mappa di Piri Reìs, la rappresentazione di Atlantide nell'estremo Sud, proprio dopo la Terra del Fuoco, fra l'America meridionale e l'Antartide. Secondo costoro infatti è probabile che l'Antartide, un tempo terra fertile e rigogliosa, sia stata la sede di Atlantide. I sostenitori di questa ipotesi parlano di resti di vegetazione datati all'analisi al carbonio 14 come risalenti a 50 000 anni fa, lasciando supporre che l'Antartide fosse sgombro dai ghiacci, ma questi dati sono riconosciuti come pseudoscientifici e mai replicati, anche perché tutta la ricerca sull'Antartide (e in particolare i carotaggi nei depositi glaciali) conferma come 50 000 anni fa il continente di ghiaccio fosse prossimo al picco glaciale, e quindi notevolmente più freddo di oggi. Tutta la ricerca storico-scientifica ha visto nelle stesse mappe solo delle rappresentazioni dell'America meridionale, con alcuni errori (anche voluti) assai ben spiegabili nella prassi dell'epoca. Infine altri ancora identificherebbero Atlantide con un altro ipotetico continente perduto, Lemuria, situato fra l'Africa e l'India.
Alcuni, sulla base dell'assonanza dei nomi e di una somiglianza etimologica, hanno accostato Aztlán, la leggendaria terra d'origine degli Aztechi, all'Atlantide narrata da Platone. Il Codice Boturini descrive Aztlán come "un'isola in mezzo a una distesa d'acqua". La teoria, come molte altre analoghe, non ha avuto alcun riscontro scientifico.
Altra ipotetica collocazione è, secondo alcuni tra cui il sensitivo Edgar Cayce, nel mar dei Sargassi: i Fenici, secondo lui, conoscevano le Azzorre e lungo la faglia atlantica non sono sconosciuti casi di emersione e affondamento di isole, anche in tempi storici recenti; si tratta comunque di piccole isole e non di continenti che potessero ospitare fiumi navigabili come nel racconto di Platone.
Il geologo inglese Jim Allen sostiene che Atlantide si trovasse in Bolivia, nell'area dell'Altiplano, basandosi sulla presenza di una piana rettangolare corrispondente alle dimensioni specificate da Platone e di depressioni concentriche ad arco di cerchio subito a est della città di Pampa Aullagas, da lui identificate con i canali della capitale. In Brasile l'archeologo e antropologo francese Marcel Homet indagò sui resti di un antico popolo che egli riteneva discendere dalla civiltà di Atlantide.
Il primo a elaborare l'ipotesi di un'Atlantide nordica fu, molto probabilmente, lo svedese Olaus Rudbeck che, nel XVII secolo, posizionò - soprattutto per motivi nazionalistici - il continente perduto in Svezia. Le sue idee furono riprese, modificate e razionalizzate dall'astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly che, nella seconda metà del Settecento, arrivò a posizionare Atlantide nelle remote regioni siberiane, in prossimità dell'isola di Spitzbergen.
Dopo aver descritto dettagliatamente il rapporto di Platone nel Timeo sul continente perduto di Atlantide, e dopo aver considerato quanto era stato detto su questo argomento sia da Sancuniatone, per quanto riguardava la storia dei Fenici, sia da Diodoro Siculo, per la storia greca, Bailly procedette nella sua indagine per dimostrare "scientificamente" che Atlantide non si trovasse né su di un'isola opposta alle Colonne d'Ercole e immersa nell'oceano Atlantico (di cui le isole Madeira si supponeva fossero i resti) — come voleva la tradizione — né tra le Canarie e nemmeno nel continente americano. Il popolo atlantideo avrebbe invece abitato, secondo Bailly, le regioni brulle e ghiacciate della Siberia, che - a suo giudizio - in epoche remotissime dovevano essere moderatamente temperate e abbastanza fertili, mentre un caldo torrido affliggeva il resto del globo rendendolo praticamente inabitabile. Tutto questo era previsto dalle ipotesi paleoclimatiche di Mairan e Buffon, secondo cui in passato il clima era globalmente più caldo a causa della maggiore "incandescenza" che la Terra doveva avere primitivamente. Questa "incandescenza" primitiva era poi diminuita nel corso del tempo causando un lento e globale raffreddamento del pianeta. Bailly abbracciava questa teoria che, a suo giudizio, costituiva una prova infallibile alle sue ipotesi sul posizionamento di Atlantide.
La Siberia infatti, secondo l'ipotesi di Bailly, anticamente doveva essere ben più calda e quindi abitabile, mentre le zone equatoriali dovevano essere praticamente incandescenti, inabitabili e quindi inabitate. Perciò non poteva che ricercarsi a nord l'origine dell'umanità e dunque l'origine delle scienze.
Le remote regioni tartariche, o quelle artiche furono di conseguenza la sede primitiva della scienza, la dimora della più antica razza umana, i celebri Atlantidei che, nei secoli successivi, discendendo a sud dalle pianure della Scizia, attraversarono le steppe caucasiche e portarono con loro nell'Asia meridionale i rudimenti delle arti e delle scienze e il culto del sole e del fuoco, che, come asseriva Bailly, poteva essersi originato soltanto in una zona dal clima freddo, e dunque nel «freddo impero della notte polare». Si capisce dunque perché Bailly individuasse negli Atlandidei anche la popolazione degli Sciti che abitava le zone settentrionali dell'Asia. Supporre altre possibilità, concepire ad esempio che questi culti si fossero originati in Persia, in India, o in altri regni orientali — dove il Sole anticamente «bruciava le foglie e consumava i vegetali» e dove il Sole stesso era raffigurato mentre «cavalcava un leone che nella sua furia divorava tutto ciò che gli capitava a tiro» — nell'opinione di Bailly era letteralmente «assurdo». Bailly finì dunque per unire in un tutt'uno mitologico la tradizione di Atlantide con quella della leggendaria terra nordica di Iperborea, narrata e tramandata da storici come Erodoto, Pindaro ed Esiodo.
L'eredità lasciata da Bailly continuò a vivere anche dopo la sua morte. La sua tesi di una "Atlantide Iperborea" era stata comunque sonoramente respinta in un primo momento. Ad esempio lo stesso Jules Verne in qualche modo voleva anche prendere in giro Bailly in Ventimila leghe sotto i mari (1869), quando i suoi personaggi scoprirono la "vera" Atlantide nell'oceano Atlantico. Malgrado tutto, vi furono altri teorici che sostennero le stesse tesi di Bailly: ad esempio nel 1885 William Fairfield Warren, allora professore di teologia sistematica presso la Boston University, scrisse un libro, Paradise Found: The Cradle of the Human Race at the North Pole, per promuovere l'ipotesi secondo la quale il nucleo originario del genere umano provenisse anticamente dal polo nord. In questo lavoro Warren collocò Atlantide al polo nord, così come il giardino dell'Eden, il monte Meru, Avalon e Iperborea.
Anche un'esoterista, Helena Blavatsky, prese molto sul serio le idee di Bailly. Blavatsky fu una delle teorizzatrici della teosofia, una dottrina mistico-filosofica, il cui credo era precisato nel suo libro La dottrina segreta (1888). In quest'opera ermetica, Blavatsky rispolverò la teoria di Bailly (citandolo addirittura ventidue volte), e incorporò l'ipotesi di una "Atlantide Iperborea" all'interno di una pseudostoria (o storia fantastica) che coinvolgeva vari continenti e varie razze umane e semiumane. Atlantide era rappresentata da Blavatsky come un continente polare che si estendeva dall'attuale Groenlandia fino alla Kamčatka e il cui destino si legò indissolubilmente a quello di una razza particolarmente controversa: gli Ariani, che secondo Blavatsky erano una razza superiore, seconda in ordine cronologico tra le razze umane, costituita da giganti androgini dalle fattezze mostruose. Nell'ipotesi pseudostorica di Blavatsky, quando gli Ariani migrarono a sud verso l'India, scaturì da loro una "sotto-razza", quella dei Semiti. Il mito di una "Atlantide Iperborea" fece così ingresso all'interno delle ideologie ariane e antisemite della fine del XIX secolo.
La teoria di Bailly-Blavatsky trovò sostegno tra alcuni degli ideologi ariani viennesi più fantasiosi. Furono proprio questi circoli, come la società Thule (che prendeva proprio il nome della mitica capitale di Iperborea), a derivare molte teorie antisemite e ariane dal lavoro mitologico di Blavatsky, e indirettamente da Bailly (il quale, in realtà, nei suoi lavori, mostrava chiare posizioni antirazziste). I membri della società Thule, in particolare, prestarono un aiuto fondamentale ad Adolf Hitler (che probabilmente aveva letto alcuni libri dei teosofi ariani viennesi quando viveva in Austria) nel fondare il NSDAP, il partito nazista. Uno di loro, Alfred Rosenberg, compagno vicino a Hitler durante gli anni in cui questi stette a Monaco di Baviera, aveva posto il mito di un'Atlantide Iperborea al cuore di un suo voluminoso tomo dottrinale: Il mito del XX secolo (Der Mythus des 20. Jahrhunderts), pubblicato nel 1930. Rosenberg, infatti, incominciò quest'opera assumendo come vera la passata esistenza di Atlantide nel lontano nord e riproponendo quasi integralmente la tesi baillyiana. La tesi di Bailly fu anche ripresa dal filosofo italiano Julius Evola il quale identificava, in Atlantide, un riferimento sulla sede di Iperborea.
Sebbene la maggior parte delle ipotesi su cui si fonda la tesi di un'Atlantide nordica siano ritenute pseudoscientifiche o palesemente inconsistenti sia dalla scienza sia dalla storiografia contemporanee, alcuni isolati scienziati e ricercatori, come il russo Valery Dyemin, Ph.D., ritengono che Iperborea «sia esistita davvero» nel circolo polare artico.
La maggior parte delle ipotesi avanzate di recente indicano la collocazione della mitica isola non più nell'oceano o in altri luoghi troppo remoti (ormai scartati per motivi geologici, cronologici e storici), ma più vicino, nel Mediterraneo o nei suoi immediati dintorni, dove Platone più probabilmente poteva avere tratto i vari elementi per costruire il suo racconto. Le conoscenze geografiche dei Greci all'epoca di Platone erano infatti molto vaghe e limitate al bacino del Mediterraneo, ed erano in realtà sufficientemente precise solo nell'ambito dell'Egeo.
È stato ipotizzato che Platone potesse avere tratto qualche ispirazione dai terremoti e maremoti che non molti anni prima, nel 373 a.C., avevano ingoiato le isole di Elice e Bura. Fu distrutta anche un'isola di nome Atalante, vicino a Locri in Calabria.
Altri studiosi hanno ravvisato somiglianze con il racconto omerico della guerra di Troia, tra i quali Eberhard Zangger che nel 1992 ha elaborato la tesi secondo cui la narrazione di Platone sarebbe un riassunto della storia di Troia dal punto di vista egiziano.
Alcuni identificano con l'isola di Cipro i resti del continente di Atlantide. Altri hanno pensato al Sahara, che in periodi molto remoti (30 000 anni fa) non era desertico ma ricoperto da foreste lussureggianti e che fu abitato fin dalla preistoria, ma che non trova particolari corrispondenze nel racconto di Platone.
Una tra le teorie più accreditate, studiata e approfondita nella prima metà del Novecento, e indirizzata negli ultimi anni anche in relazione a scavi archeologici condotti in Turchia, sostiene che il mito di Atlantide non sarebbe altro che la memoria deformata nel tempo, della civiltà minoica (civiltà cretese dell'età del bronzo), che ebbe fine intorno al 1450 a.C., in circostanze non ancora ben chiarite. La causa potrebbe essere l'esplosione del vulcano dell'isola di Tera o Thera, attualmente Santorini, eruzione “super-colossale”, classificata di livello 7 (su 8) nell’indice di esplosività vulcanica, una delle eruzioni più distruttive nella storia dell’umanità, che provocò lo sprofondamento parziale dell'isola e giganteschi terremoti: l'esplosione di Thera avrebbe propagato nel Mediterraneo un terrificante maremoto in grado di spazzare via gli insediamenti lungo le coste (le onde si sarebbero diffuse in tutto il bacino dell'Egeo in sole due ore, raggiungendo un'altezza di circa trenta metri), a cui sarebbero seguite entro due-tre giorni le ceneri riversate dall'esplosione vulcanica. Di recente sono stati portati alla luce i resti di un uomo ed un cane sulla costa turca nel sito archeologico di Çeşme-Bağlararası, causati da uno tsunami databile nello stesso periodo in cui esplose Thera. Uno studio recente ha inoltre evidenziato delle analogie letterarie tra il testo platonico su Atlantide e alcuni canti dell'Odissea di Omero. Altri studiosi ritengono comunque improbabile il riferimento al vulcano di Thera, perché mille anni sono troppi per mantenere il ricordo preciso di un evento.
Ulteriore teoria è stata avanzata da Costantino Cattoi ex colonnello della Regia Aeronautica, collaboratore di Gabriele D'Annunzio e stimato amico di Italo Balbo. Lo studioso, nel 1955, riportò alla luce una serie di opere pre-etrusche, fra le quali un'enorme roccia alta una decina di metri con i lineamenti del volto distintamente abbozzati e il classico copricapo egizio, ritenuta legata alla figura del dio Thot. I ritrovamenti, ritenuti importanti dagli esperti del settore, portarono Cattoi a collaborare con l'antropologo statunitense George Hunt Williamson, l'esoterico peruviano Daniel Ruzo e il francese Denis Saurat, che pur lavorando in modo autonomo, giunsero alle medesime conclusioni, collegando le sculture rupestri italiane, alle simili scoperte a Marcahuasi in Perù, rafforzando la loro convinzione sull'esistenza di un legame tra il promontorio dell'Argentario, quale parte superstite di Atlantide, e il lontano Perù.
Una teoria analoga è stata avanzata dal giornalista italiano Sergio Frau nel suo libro Le colonne d'Ercole (2002): le "colonne" di cui parla Platone andrebbero identificate con il canale di Sicilia (che è assai turbinoso, come Platone descrive le Colonne), dunque l'isola di Atlantide sarebbe in realtà la Sardegna: il popolo che edificò gli oltre 7 000 nuraghi coinciderebbe allora con il misterioso popolo dei Shardana o Šerden (dai quali appunto si vorrebbe che la Sardegna abbia preso il nome), citati tra i "popoli del Mare" che secondo le cronache degli antichi Egizi tentarono di invadere il Regno d'Egitto. Un passo della descrizione platonica si vuole coincida con la forma della Sardegna: "Una pianura (il Campidano) che attraversa l'isola in senso longitudinale (ha coste a est e a ovest), situata tra due zone montuose a nord e a sud; le coste sono alte e rocciose, scoscese". Del resto, la Sardegna possiede ancora oggi zone pianeggianti situate alcuni metri sotto il livello del mare e ciò farebbe pensare che, essendo una terra geologicamente troppo antica per subire o aver subito catastrofi naturali di dimensioni disastrose, possa invece esser stata soggetta in passato a cataclismi legati al mare, il cui territorio probabilmente non avrebbe potuto respingere a causa appunto dell'altezza della sua superficie rispetto a quella marina. Oltretutto la mancanza di terremoti avrebbe permesso una grande espansione edilizia all'interno dell'isola, che all'epoca sarebbe potuta apparire in maniera notevolmente diversa. La "fine" di Atlantide viene anche fatta coincidere con la diffusione della malaria nell'isola. Nel gennaio 2021 Luigi Usai, ricercatore indipendente, ha diffuso una nuova ipotesi secondo la quale l'affondamento di Atlantide è da addebitare al repentino scioglimento dei ghiacci a seguito della glaciazione chiamata Würm. Ai geologi è noto infatti che il livello del mar Mediterraneo ha raggiunto -120 metri sotto il livello attuale circa 14 000 anni fa. È altrettanto nota la cosiddetta "crisi della salinità del Messiniano", durante la quale Sardegna e Corsica erano congiunte a causa dell'abbassamento di oltre cento metri del livello del mare, e le si poteva percorrere a piedi. Nel periodo della guerra che divampò tra Atlantide e la Grecia, ossia nel 9600 a.C., cioè 11600 anni fa circa, è noto ai geologi che Sardegna e Corsica e una grande parte delle coste attualmente sommerse formavano quella che appariva come una grossa isola, che era chiamata nel terzo capitolo del Timeo e nel Crizia, da Platone, col nome di Atlantide. Al centro della pianura Atlantidea e racchiusa dall'attuale Pianura del Campidano, ci sarebbe quella che era la capitale di Atlantide, nota anch'essa col nome di Atlantide ma oggi conosciuta col nome di Sulcis, e che partiva da una collina nei pressi del piccolo paesino di Santadi e di Masainas e Teulada, formando cerchi concentrici di terra e di mare. È tuttora possibile notare come, a partire da Santadi, tutto il piano urbanistico si sviluppi per cerchi concentrici, persino porzioni di montagne. È inoltre presente una vasta toponomastica relazionata al mito di Atlantide. Infatti, come fa notare Usai, accanto a Santadi esistono molte località il cui nome richiama le fonti d'acqua calda e fredda create da Poseidone, che secondo Usai era un semplice uomo, probabilmente un Re, e non un Dio. Poseidone, mise nella Capitale di Atlantide una sorgente d'acqua calda e una d'acqua fredda. Infatti ancora oggi esistono delle frazioni di paesi chiamate " Acquacadda." (Acqua Calda, in lingua sarda campidanese), S'acqua callenti de basciu. (L'Acqua calda di sotto, in sardo campidanese) e S'Acqua Callenti de Susu (L'Acqua calda di sopra, anche questo in dialetto sardo campidanese, la variante dialettale della lingua sarda parlata nel meridione della Sardegna), mentre nel vicino paese di Siliqua è presente ancora oggi la fonte d'acqua fredda di Zinnigas. Sempre a Siliqua, piccolo paese anch'esso situato in provincia di Cagliari, esiste tuttora il "Castello d'Acquafredda", attualmente noto per la celebre storia raccontata da Dante Alighieri relativa al Conte Ugolino, che vi aveva soggiornato secondo una leggenda tramandata per via orale. Il castello di Acquafredda prende il nome dalla cittadina medievale di Acquafredda, sparita alcuni secoli fa, il cui nome ricorda la fonte d'acqua fredda di Poseidone, mentre in provincia di Carbonia Caput Acquas insiste sul tema dell'acqua. Inoltre, segnala Usai, sono stati trovati i tridenti di Poseidone scolpiti nelle rocce neolitiche e paleolitiche trovate presso il paese di Laconi, in Sardegna. Accanto a Santadi c'è un paese chiamato Narcao, che ha due frazioni, dette "Is Sais Superiore" e "Is Sais Inferiore"; ciò è un chiaro riferimento secondo Usai, alla città di Sais in Egitto, nella quale il sommo sacerdote Sonchis rivelò la storia di Atlantide a Solone, il celebre politico greco. Inoltre, Sais è anche un cognome sardo. Esistono ancora altri due toponimi interessanti: Acqua Callentis (un altro modo di dire "Acqua Calda" in dialetto campidanese e sulcitano sardo), nota anche col nome di "Is Perdas" (ossia "Le Pietre"): anche questa località ricorda le fonti d'acqua calda e fredda poste da Poseidone nel mito platonico; e la località di Terresoli (crasi di Terra De Soli, ossia Terra del Sole in Sardo campidanese e sulcitano) che richiama molto da presso il nome di Eliopolis, altra città legata al mito di Atlantide: infatti mentre Eliopolis in greco significa Città del Sole, Terresoli significa Terra del Sole. Anche la località di Piscinas si trova nel Sulcis e riprende il tema degli inondamenti d'acqua: in lingua sarda infatti si usa questo termine per indicare un luogo dove c'è stato un enorme ristagno d'acqua. La teoria di Usai, che prende nome di "paradigma sardo corso atlantideo", afferma che la specie degli elefanti di cui parla Platone in Timeo e Crizia sia quella del Mammuthus Lamarmorai, presente nell'isola sardo-corsa attualmente semisommersa, e di cui sono stati trovati resti in almeno tre luoghi dell'attuale Sardegna: a Gonnesa, nel Sinis e ad Alghero. Alla fine del racconto di Atlantide, nel Timeo, Platone afferma che l'isola era circondata da fango che impediva la navigazione: questo sarebbe stato causato dall'erosione della piattaforma continentale sardo corsa ad opera di millenni di risacca. L'isola di Atlantide era la più grande di tutte, secondo Platone: effettivamente il blocco geologico sardo corso era un'isola di terra emersa ed è realmente la più grande di tutte quelle del Mediterraneo Occidentale, che secondo Usai era chiamato Oceano Atlantico ancora prima che venissero realizzati papiri e rotoli che trattassero la geografia, motivo per il quale non è rimasta memoria, ed in seguito la geografia è stata modificata. Ad Atlantide c'erano i vecchi più vecchi: effettivamente la Sardegna, che sarebbe solo un altopiano emerso di Atlantide, ancora oggi è famosa in tutto il mondo per il suo popolo di centenari, in particolare la popolazione della zona blu di Perdas De Fogu . Atlantide era ricca di minerali, ed effettivamente le miniere del Sulcis sono le più antiche d'Europa. Gli Atlantidei erano "costruttori di torri" secondo i dialoghi platonici: e infatti sono presenti e studiati oltre 7000 nuraghi e centinaia di altri vengono continuamente scoperti ma non scavati. Usai afferma inoltre che l'antico testo letterario della Meropide tratti proprio dell'isola di Atlantide come blocco sardo-corso semisommerso: attualmente invece, tutti i testi ufficiali considerano la Meropide soltanto una parodia dei testi platonici. La scoperta nel riparo sottoroccia a Su Carroppu di Sirri di tre individui sardi antichi, di cui due hanno restituito la possibilità di analizzare il DNA antico, ha mostrato che questa popolazione del Sulcis non risale a 8000 anni fa come inizialmente creduto, bensì risale a 11000 anni fa , e la guerra tra Atlantide e la prima Grecia di cui si parla nel Timeo e nel Crizia divampò, secondo Platone, 11600 anni fa: ciò sembrerebbe essere una conferma della presenza di popolazione sarda nel periodo in cui è collocato il racconto di Atlantide. Il DNA ritrovato è differente dal DNA della popolazione neolitica che colonizzò l'isola di Sardegna circa tremila anni dopo, e l'analisi ha mostrato che queste popolazioni di 11000 anni fa predavano risorse marine, ossia si nutrivano di frutti di mare e vivevano lungo le coste, in conformità col paradigma atlantideo di Usai.
Platone afferma che ad Atlantide si costruiva facendo uso di pietre di tre colori: nere, rosse e bianche; le pietre nere sarebbero l'ossidiana , in particolare quella del Monte Arci, che la Sardegna ha esportato in tutta Europa per migliaia di anni e l'ardesia, le rocce rosse sarebbero quelle di Arbatax e di Carloforte e altre sommerse nelle paleocoste sardo-corse. Le Colonne d'Ercole sarebbero il Faraglione Antiche Colonne di Carloforte come proposto da Giorgio Saba, ancora esistente e di storia antichissima, e non lo Stretto di Gibilterra come fino ad ora creduto dalla maggior parte delle teorie: oltre le Colonne d'Ercole di Carloforte quindi, vi era un porto angusto, ossia il porticciolo formato dalle isole di Sant'Antioco e San Pietro, e fuori da questo porticciolo vi era il vero mare, chiamato in Timeo e Crizia anche Oceano Atlantico, ma oggi chiamato Mediterraneo Occidentale. Il paradigma sardo corso atlantideo propone che gli atlantidei popolassero la piattaforma continentale sardo-corsa attualmente semisommersa nel Mediterraneo, costretti poi a delle migrazioni quando il livello eustatico saliva drasticamente , forse a causa di ripetuti Meltwater Pulses , distribuiti su vari millenni. Queste migrazioni avrebbero poi preso vari nomi: Sumeri e Vasconi, tra gli altri, dando origine alla civiltà megalitica lungo le coste di tutta Europa. A sostegno di ciò Usai afferma che questi popoli hanno lingue semitiche agglutinanti, una caratteristica "atlantidea"; i Baschi infatti hanno figure carnevalesche preistoriche simili a quelle sarde perché entrambi i popoli "provengono da Atlantide", ossia dal blocco geologico sardo corso semisommerso: i Joaldun, i Mammutthones, i Boes e i Merdules. Inoltre i Baschi avrebbero portato la tradizione dei tori descritta da Platone in Timeo e Crizia, tori che ad Atlantide erano venerati e rispettati, a Pamplona nella Navarra l'uso dell'Encierro, che poi è mutata nella corrida spagnola.
Tra i numerosi luoghi in cui viene collocata la formidabile minaccia marittima di Atlantide ve ne sono due che riguardano da vicino la Sicilia: l'omonimo canale e Malta. Questa vicinanza ha indotto il maltese Giorgio Grognet de Vassé - fautore della teoria che vede in Malta un residuo di Atlantide - ad asserire che nel museo di Siracusa si conservava un reperto di Atlantide: un capitello. Grognet de Vassé era infatti convinto che gli Atlantidei dopo la distruzione della loro isola si fossero divisi in colonie (lo stesso Antico Egitto, secondo il maltese, non era altro che una colonia atlantidea) e quel capitello richiamava il particolare stile egizio (a suo dire prova inconfutabile della presenza atlantidea in quei luoghi).
Al capitello aggiungeva un idoletto, rinvenuto nei pressi di Scicli e una medaglia rinvenuta a Naxos; anch'essi di presunta provenienza atlantidea. Il maltese tuttavia è stato spesso coinvolto in falsificazioni di iscrizioni o travisamenti di reperti.
Al dialogo Crizia avrebbe dovuto seguire l'Ermocrate; in ordine di successione il terzo protagonista del dialogo platonico. L'Ermocrate siracusano (i pareri intorno alla sua identificazione sono pressoché unanimi) viene accennato nel Crizia e gli sarebbe stato affidato un compito ancora da scoprire:
«Crizia: Amico Ermocrate, tu vieni dopo e ce n'è un altro prima, ecco perché tu sei ancora pieno di coraggio. Ad ogni modo quanto sia difficile il tuo compito, esso stesso fra non molto te lo dimostrerà [...]»
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la trilogia di Atlantide venisse elaborata da Platone durante il suo primo soggiorno alla corte di Dionisio I; suo mecenate. Il fine ultimo sarebbe stato un messaggio politico divulgato dinanzi alla società greca. Ma la morte del tiranno e la mancata organizzazione del festival culturale avrebbero bloccato la stesura della trilogia, rimasta per questo incompiuta. I dialoghi pervenuti vennero infine resi noti, in maniera postuma, dall'accademico Crantore di Atene.
Siracusa viene presa in esame per dimostrare come il filosofo ateniese avesse modellato Atlantide e l'avesse idealizzata in base alla sua esperienza politica e sociale in Sicilia. Una conseguenza dei suoi viaggi in Sicilia.
Lo svedese Gunnar Rudberg, specialista platonico, agli inizi del XX secolo elaborò per primo tale teoria; seguito da numerosi altri studiosi. Ad esempio per Phyllis Young Forsyth solamente Siracusa e la Sicilia offrono dei convincenti parallelismi con Atlantide. Viceversa, Muccioli, autore di un'approfondita opera sul tempo di Dionisio II, ritiene più plausibile l'ipotesi secondo la quale Atlantide va identificata con la decadenza di Atene, mentre ritiene improbabile un'eco della crisi siracusana di IV sec. a.C.
Konrad Gaiser appoggia l'identificazione di Forsyth ma non condivide l'ipotesi secondo cui lo scopo di Platone era di ammonire Dionisio II mostrandogli la cruenta fine di Atlantide: se egli non avesse attuato lo Stato ideale, alla sua città sarebbe toccato quell'infelice destino.
Affine è il pensiero di Mary Louise Gill, la quale sostiene che la serie del Timeo-Crizia-Ermocrate (lasciata intenzionalmente incompiuta da Platone) doveva dare un forte messaggio politico alla società greca del suo tempo, ormai in declino: Atlantide e Atene degenerarono nella corruzione; anche Siracusa si sarebbe dovuta aspettare la punizione di Zeus, poiché era stata corrotta dal potere.
A favore di tale identificazione vi sono molteplici coincidenze tra l'Atlantide platonica e la Siracusa dionisiana:
La potenza di Atlantide trovò infine la sua nemesi in Atene (l'altra società perfetta di Platone); quando decise di conquistarla ne fu sconfitta. Atene fu la rivale di Siracusa (le due capitali della grecità; le due mete politiche di Platone) ma Atene cercò lo scontro con Siracusa, non venne da questa attaccata.
Mary Louise Gill (che non identifica una città precisa con Atlantide) intravede la possibile spiegazione nel terzo dialogo platonico (perduto o mai scritto) volto idealmente nell'epoca di Ermocrate: l'Atlantide corrotta rappresentava l'Atene di Alcibiade, mentre Siracusa rappresentava l'Atene ancora pura che sconfisse le mire espansionistiche di Atlantide. Ma come l'Atene antica, anche Siracusa si fece a sua volta corrompere dal potere, mettendo al comando i tiranni.
Una tra le molte teorie collocherebbe Atlantide in Spagna, precisamente in Andalusia, vicino a Cadice. È l'opinione dello studioso tedesco Rainer Kuehne che si avvale di rilevazioni satellitari, attribuite però a Georgeos Dìaz-Montexano. Qualcosa combacia, come la forma delle strutture rilevate e l'ambientazione vicino a montagne (in questo caso la Sierra Morena e la Sierra Nevada), come le descrizioni di Platone, in cui sono anche presenti ricche miniere di rame. Tuttavia, se avesse ragione Kuehne, non si tratterebbe di un'isola, come vuole la tradizione, e le dimensioni rilevate dal satellite non combaciano con quelle di Platone.
Un'altra teoria vuole Atlantide nelle isole Canarie nell'oceano Atlantico (che sono effettivamente oltre le Colonne d'Ercole ovvero lo stretto di Gibilterra), malgrado la più antica civiltà di quell'arcipelago sia stata quella neolitica.
Ad Atlantide sono state dedicate alcune migliaia di libri e saggi. Un catalogo bibliografico incompleto della letteratura sull'Atlantide, compilato nel 1926 da J. Gattefossé e C. Roux, comprendeva 1 700 titoli.
Una lista completa delle apparizioni di Atlantide nei mass media moderni è troppo estesa per poterla inserire qui. Questa è una selezione.
Ad Atlantide si è ispirato numerose volte il cinema, soprattutto quello di fantascienza e il filone fanta-mitologico:
Tra le altre ipotetiche terre perdute, le più famose sono le isole di Avalon e Thule, oltre agli ipotetici continenti di Lemuria e di Mu (entrambi "nati" nella seconda metà dell'Ottocento). Il filosofo greco Evemero nelle sue opere narra di una simile isola leggendaria di nome Pancaia.
Di seguito si elencano solo alcune opere, a partire da quelle reperibili in italiano o consultabili online.
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